Il sistema tedesco

Anche la Germania, come la Francia, con la Costituzione di Weimar del 1919 ha introdotto nel proprio ordinamento il principio della separazione tra Stato e Chiesa. Ma ciò non ha impedito lo sviluppo di una vasta e riconosciuta collaborazione delle confessioni religiose con l’autorità civile, che si esplica in numerosi e differenti ambiti della vita sociale ed è coperta da tutela costituzionale, al punto che, oggi, la Chiesa cattolica tedesca, insieme alla confessione protestante, è uno dei più importanti datori di lavoro del Paese, soprattutto per il suo impegno nelle opere sanitarie, assistenziali ed educative1.

Nel composito quadro istituzionale del Paese, le relazioni tra le Chiese e lo Stato sono regolate a livello costituzionale dalla Legge Fondamentale del 1949, ma anche dalle leggi dei Bundesländer (Stati federali) sotto la cui competenza ricade gran parte delle materie interessate; quanto verrà esposto di seguito tiene conto degli orientamenti generali di tale normativa, che trova poi nella legislazione particolare dei Länder specifiche e distinte applicazioni. Per la Chiesa cattolica, nei rapporti con la Repubblica Federale Tedesca, il principale riferimento è ancora costituito dal Reichskonkordat del 1933, benché siano stati conclusi accordi anche con i singoli Länder. Soffermando precipuamente la propria attenzione sulla normativa costituzionale, Robbers osserva come il diritto ecclesiastico tedesco ruoti attorno a tre principi fondamentali di garanzia della libertà religiosa: neutralità dello Stato, tolleranza e parità di trattamento2.

In forza di queste norme, all’autorità civile è preclusa qualsiasi interferenza negli affari delle comunità religiose, alle quali anzi – in ossequio alla teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici – è riconosciuto pieno diritto di autodeterminazione per la disciplina e l’amministrazione di ciascuna delle proprie attività3.

Lo stesso principio di tolleranza, inteso ed applicato in un’ottica promozionale, è l’attuale fondamento delle sovvenzioni pubbliche, dei contributi e delle agevolazioni fiscali, un tempo motivati come riparazione dell’esproprio del patrimonio ecclesiastico. Va detto però che, per le confessioni religiose presenti nella Nazione, queste entrate non rappresentano il cespite più importante.

Infatti le Chiese tedesche – quella cattolica e quella evangelica – si avvalgono di un originale e consolidato sistema di autofinanziamento che si fonda sull’istituto della cosiddetta tassa ecclesiastica (Kirchensteuer) e che consente di coprire circa l’80% delle loro necessità.

L’imposta sul culto fu introdotta all’inizio del XIX secolo per ridurre l’incidenza sul bilancio statale delle obbligazioni previste in favore delle confessioni religiose quale indennizzo per la secolarizzazione della proprietà ecclesiastica.

Questa tassa – che per la precisione è una sovraimposta proporzionale al reddito – grava obbligatoriamente su tutti i fedeli e ad essa ci si può sottrarre solo con una dichiarazione di abbandono della Chiesa di appartenenza prestata davanti ad un pubblico ufficiale. Nella maggior parte delle Chiese evangeliche, a questo atto viene attribuito il significato di un effettivo abbandono; mentre ciò non avviene nella Chiesa cattolica, ove una simile scelta è considerata come una grave violazione dei doveri di un fedele verso la comunità cristiana ma non è sufficiente a far venir meno una qualità acquisita con il battesimo.

In concreto, l’aliquota dell’imposta addizionale sul reddito viene fissata mediante accordi fra le Chiese cattolica ed evangelica ed i diversi governi regionali; essa deve essere nello stesso Land uguale per tutte le confessioni religiose, le quali, per seguire l’applicazione del tributo, eleggono un Consiglio amministrativo responsabile per l’imposta di culto (Kirchensteuerrat). Se la riscossione è affidata ad organi pubblici, una percentuale delle entrate viene trattenuta dall’autorità civile a titolo di corrispettivo per il servizio reso.

La Kirchensteuer è, a tutti gli effetti, un libero contributo dei fedeli garantito dalle leggi dello Stato. Le comunità religiose che possiedono lo status giuridico di corporazione pubblica sono infatti legittimate a riscuotere le tasse, in conformità alle leggi dei Länder, utilizzando gli elenchi dei contribuenti tenuti al pagamento delle imposte statali4.

L’appartenenza alla Chiesa è il presupposto dell’imposta, fa cioè sorgere in capo al cittadino l’obbligo di corrispondere una determinata somma, rispetto a cui le confessioni religiose sono titolari di un vero e proprio diritto patrimoniale giurisdizionalmente tutelato innanzi ai tribunali civili. è però sempre l’ordinamento canonico, in assoluta autonomia, a stabilire le condizioni di appartenenza alla Chiesa ed a regolare con norme proprie il sorgere e lo svolgersi di questo rapporto tributario5.

Per quanto sopra esposto quindi anche il modello tedesco, pur con tutte le sue peculiarità, può essere definito un sistema di autofinanziamento della Chiesa agevolato dallo Stato, in cui però non mancano sovvenzioni dirette ed agevolazioni indirette da parte dei poteri pubblici6.

Per quanto attiene al sostentamento del clero, la Chiesa cattolica tedesca è organizzata a livello diocesano; ciò comporta sensibili differenze tra un Land e l’altro, tanto per gli aspetti economici che per quelli giuridici. Infatti l’importo che in ciascuna diocesi viene distribuito ai sacerdoti, secondo il regolamento ecclesiastico esistente, dipende per lo più dall’ammontare del gettito dell’imposta ecclesiastica nei vari Länder; ma il collegamento e l’affinità con le strutture statali non si limita solamente all’aspetto fiscale. Esso è infatti ancor più accentuato dalla natura di corporazione pubblica degli enti delle confessioni religiose che impone di qualificare come pubblici funzionari le persone da esse stipendiate, compresi i ministri di culto7.

Nel Preambolo dell’Ordinamento retributivo dei sacerdoti della diocesi di Augsburg8 si trova, ad esempio, la seguente significativa enunciazione:

La diocesi di Augsburg garantisce, in conformità con le norme dei canoni 281 e 1274 § 1 C.I.C. […] ai sacerdoti al suo servizio entrate di stipendio e di assistenza adeguate al loro mantenimento, che si conformano ai principi dei rapporti di lavoro di diritto pubblico, a causa della fondamentale comparabilità del rapporto di servizio ecclesiastico con un rapporto di diritto pubblico9.

Questo Regolamento della diocesi di Augsburg, pur essendo una fonte di diritto particolare, reca numerose ragioni di interesse per il nostro studio; innanzitutto perché esso, in applicazione di uno schema generale utilizzato dalle diocesi tedesche per garantire una certa uniformità di trattamento, mutua un modello contrattuale dalla disciplina del pubblico impiego e lo adegua alle esigenze dell’ordinamento canonico.

In secondo luogo, da esso si ricava che in Germania – se vale la generalizzazione che pure trova dei riscontri in altre fonti – la remunerazione del clero cattolico è regolata con criteri forse più analitici di quelli adottati dalla Conferenza Episcopale Italiana, nel senso che tra le voci parzialmente coperte dalla Besoldung vi sono anche le spese per la governante di canonica, per l’aggiornamento culturale, per eventuali traslochi e per l’automobile utilizzata dal sacerdote per esigenze di servizio.

3. Il sostentamento del clero nel resto d’Europa

Come ultimo contributo alla ricerca che abbiamo sin qui condotto, attingendo a studi sul diritto ecclesiastico, riteniamo importante proporre per i restanti Paesi dell’Europa almeno una panoramica generale delle forme di finanziamento della religione cattolica e così, in maniera indiretta, anche dei sistemi di sostentamento del clero. È però doveroso premettere che si intende tracciare soltanto un quadro d’insieme, forzatamente povero di dettagli e tuttavia indicativo della situazione attuale della Chiesa cattolica sul continente europeo10.

1 La menzione nel testo costituzionale della cooperazione tra l’istituzione civile e quella religiosa impedirebbe – secondo alcuni autori – di attribuire la qualifica di separatismo alla struttura giuridica del sistema tedesco di relazioni tra Chiesa e Stato, perché sarebbe inaccettabile la conciliazione di due modelli opposti (l’indipendenza delle Chiese dallo Stato e il sostegno economico pubblico alle confessioni religiose).In quest’ordine di idee, il sistema tedesco è definito come un regime di «coordinazione tra Stato e Chiese» da F. Margiotta Broglio, «Il fenomeno», 116. In questo senso si veda anche, J. Listl, «Das Verhältnis», 1052; ed il saggio di A. Hollerbach, «Finances», 67-75.

2 Cfr. G. Robbers, «Stato e Chiesa in Germania», 61-62.

3 «Lo spazio d’azione offerto alle comunità religiose dal diritto di autodeterminazione è stato utilizzato dalle grandi Chiese tedesche per costruire un proprio complesso normativo interno, ampio ed articolato, che opera in parallelo con l’ordinamento giuridico dello Stato: ne è risultato un vero e proprio sistema giuridico, con specifiche particolarità e una forte enfasi sul suo carattere ecclesiastico» (G. Robbers, «Stato e Chiesa in Germania», 66).

4 L’art. 18 dell’Accordo concluso il 15 settembre 1997 tra la Santa Sede e il Land Meclemburgo – Pomerania Anteriore riporta, emblematicamente ed in sintesi, il funzionamento del sistema: «(1) Le arcidiocesi, le parrocchie e simili comunità ecclesiastiche hanno il diritto di percepire dai propri membri l’imposta ecclesiastica e il contributo alla Chiesa (Kirchgeld), a norma delle leggi. (2) Per il calcolo dell’imposta ecclesiastica come addizionale dell’imposta sul reddito (imposta sul salario), le arcidiocesi concordano un’aliquota aggiuntiva unitaria. (3) I regolamenti delle imposte ecclesiastiche, le deliberazioni sulle imposte ecclesiastiche, la loro modifica e integrazione necessitano del riconoscimento da parte dello Stato. Questo può essere rifiutato soltanto nel caso di contrasto con le disposizioni fiscali statali […]. (4) La determinazione e la riscossione dell’imposta ecclesiastica sono affidate agli uffici fiscali» (Conventio inter Apostolicam Sedem et Foederatam Civitatem Megaloburgi-Pomeraniae Anterioris, in AAS 90 [1998] 108-109). Per un altro esempio di Accordo recente, si veda anche la Conventio inter Apostolicam Sedem et liberum Statum Thuringiae, in AAS 89 (1997) 756-795.

5 «La Chiesa stessa delibera sull’importo dell’imposta di culto, ma non può violare in questo le norme generali di diritto tributario» (W. Schulz, «Il finanziamento […] : la Repubblica Federale di Germania», 155).

6 «The church tax is a pure membership tax. It should therefore be especially emphasized that the church tax is a system of self-financing of the church under the legal and administrative help of the state» (A.Hollerbach, «Finances», 63).

7 «L’amministrazione ecclesiastica è organizzata secondo un modello analogo a quello della sua controparte statale. Le norme che riguardano il pubblico impiego nelle Chiese seguono le linee previste dal diritto relativo al settore pubblico statale, anche per ciò che riguarda i salari e le altre provvidenze. L’attività di sacerdoti e ministri di culto è regolata da una specifica legge che ricalca (per quanto possibile data la peculiarità della situazione) la legge sugli impiegati pubblici dello Stato» (G. Robbers, «Stato e Chiesa in Germania», 69).

8 Si tratta di un regolamento di diritto diocesano, emanato dal Vescovo di Augsburg con efficacia dal I.1.1998, per disciplinare i profili economici della remunerazione dei sacerdoti in servizio presso la diocesi. Esso rappresenta una significativa e recente applicazione della normativa del Codex Iuris Canonici.

9 In termini analoghi si esprime anche il già citato Accordo tra la Santa Sede e il libero Stato del Meclemburgo – Pomerania Anteriore all’art. 15: «(1) La Chiesa è libera nella provvista dei suoi uffici. (2) Il servizio ecclesiastico è servizio pubblico. La Chiesa cura che la formazione dei dipendenti ecclesiastici sia equivalente a quella dei dipendenti statali» (Conventio inter Apostolicam Sedem et Foederatam Civitatem Megaloburgi-Pomeraniae Anterioris, in AAS 90 [1998] 106).

10 In proposito, una fonte importante è data dagli atti preparatori dell’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, svoltasi a Czestochowa nell’ottobre 1997, sul tema del rapporto Chiesa-Stato ed in particolare da un questionario realizzato ad hoc dai Segretari delle Conferenze Episcopali, ove – anche se non in termini dettagliati – viene affrontato tra gli altri il tema del sostentamento del clero (cfr. Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae, Chiesa – Stato in Europa, 5-8).

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