I grandi annunzi di Natale

scritto da lunedì, Dicembre 9, 2013 0 No tags Permalink 2

I grandi annunzi di Natale

1)  Di esse l’abate di Solesmes, Prospero Guéranger, nell’opera l’Année Liturgique, diceva che «contengono tutto il succo della liturgia dell’Avvento». Esse fanno appello continuo alla carità del Figlio di Dio, che sta per venire sulla terra. Creano una nostalgia di beni perduti e che stanno per essere ritrovati: acuiscono quel lungo e veemente desiderio che caratterizza la preghiera d’Avvento. Anche la melodia gregoriana, che riveste tutti i testi, piena di dolce mestizia, può aiutare a non perdere il momento prezioso di preghiera racchiuso in essi.
2) Viene da domandarsi: chi ha fatto il regalo di tali preghiere alla Chiesa? In quale tempo e da dove sono venuti testi così mirabili? La storia non risponde né con un nome né con una data. Lo fa con delle ipotesi e tenta di intuire qualche cosa ritornando sui luoghi dove tali antifone sono state usate, ed enume¬rando gli autori che ne hanno parlato: Amalario di Metz, Bernone di Reichenau, Onorio d’Autun, Durando di Mende, e prima ancora, Fiacco Alcuino, il liturgista di Carlo Magno. Chi ha pensato a una nascita di questi testi in ambiente romano, nei secoli VII o VIII, e forse al tempo di san Gregorio Magno, o immediatamente dopo la sua morte, ha voluto rendere omaggio all’opera liturgica del grande papa. Ma se anche non si approda a sapere tutto quello che si vorrebbe, rimane sempre il senso di riconoscenza a questa madre, che è la Chiesa, la quale insegna ai suoi fi¬gli a pregare in questa maniera, perché siano il meno impreparati a celebrare il Natale.
3) Le antifone oggi sono sette. Nel Medioevo arrivavano anche a nove e a dieci, ed in alcune chiese, come nel monastero di San Gallo in Svizzera, verso l’anno 1000, hanno toccato il bel numero di dodici. Ciò dipendeva dal momento e dal modo con cui si celebrava l’Avvento nelle diverse chiese. Nell’antifona¬rio romano antico, pubblicato dal cardinale Giuseppe M. Tommasi, il canto delle antifone maggiori iniziava già al 6 dicembre. Così pure indica l’Ordo Romanus XI del canonico Benedetto: le antifone si cantavano dal giorno di san Nicola alla vigilia di Natale. La preghiera era diretta, oltre che al Messia, alla Vergine; un’altra pregava l’arcangelo Gabriele, una terza poi si rivolgeva a san Tommaso apostolo che, fino a qualche anno fa, veniva celebrato alcuni giorni prima del Natale. Un’ultima aveva un suo andamento di apostrofe a Gerusalemme, perché si aprisse alla grazia di Dio che stava per arrivare sopra di essa. Oggi le antifone sono sette. E si ritrova che la somma delle lettere iniziali dei titoli che si danno successivamente al Messia, lette dall’ultima alla prima, formano l’acrostico ERO CRAS (Sarò là domani).
4) La costruzione delle antifone è sempre la medesima: l’autore si ispira quasi sempre alla sacra scrittura, ne sceglie i testi, li intesse con molta libertà e abilità. Il Messia è sempre il destinatario di questa preghiera: egli viene invocato con gli epiteti più belli e i simboli più espressivi: «O Sapienza. O Radice di Jesse. O Oriente. O Emmanuele. O Chiave di Davide». L’invocazione è illuminata, chiarificata da alcune spiegazioni, e si sublima nella preghiera che raccoglie l’attesa, il desiderio dei secoli e dei profeti: Veni ad docendum; veni ad liberandum; ad salvandum; ad redimendum; educ vinctum de domo carceris. Come non scoprire, a prima vista, il rapporto armonioso che esiste fra il titolo decretato al Figlio di Dio, e l’oggetto proprio di ciascuna domanda?
5) Il modo con cui queste antifone sono state eseguite, è stato sempre solenne, e la solennità è dipesa da luogo a luogo. Nelle chiese cattedrali erano i grandi dignitari dei capitoli che avevano il privilegio d’intonare le antifone maggiori. Nelle abbazie era l’abate che intonava l’O Sapientia. E lo faceva in abiti pontificali, con mitra! Intonata l’antifona, la grande campana della chiesa abbaziale incominciava a spandere la sua benedizione sui luoghi circostanti. Il canto dell’antifona era in rito doppio, cioè la si pregava intera prima e dopo il Magnificat. Ciò si diceva: triumphare antiphonam. La liturgia delle antifone maggiori aveva una sua felice risonanza anche fra le pareti e sulle tavole del refettorio del monastero, solitamente molto lisce: nel monastero parigino di St. Germain-des-Prés, si serviva una porzione «de bono vino»: non perché la fatica di raddoppiare un’antifona avesse raschiato la gola ai monaci, ma perché la gioia del coro doveva letificare anche il cuore, sempre più affinato e purificato, negli ultimi giorni d’Avvento, da un rigoroso digiuno.
Tutto in queste antifone può aiutare ad entrare nello spirito di preghiera della liturgia: è facile sinto¬nizzarsi con le ultime invocazioni d’Avvento che la Chiesa rivolge al suo sposo.
6) Ricorderemo una delle antifone, oramai non più presente nella liturgia, ma che una volta abbelliva la preghiera di quelle chiese che celebravano in questi giorni la festa dell’Aspettazione del parto della Vergine. Il testo ci può aiutare a ricordare che nessun Avvento è stato più preparato di quello di Maria. A Ma¬ria si rivolgeva la preghiera perché nulla avesse a ritardare l’entrata del suo Figlio nei cuori e nella vita dei fedeli.
L’antifona suonava così: O Virgo virginum, quomodo fiet istud? quia nec primam similem visa es nec habere sequentem. Filiae Jerusalem, quid me admiramini? Divi-num est mysterium hoc quod cernitis. In italiano, il desiderio del testo può essere così percepito: «O Vergine delle vergini, come potrà capitare tutto questo? Nessuna mai è stata, né mai potrà essere simile a te. Figlie di Gerusalemme, perché vi meravigliate di me? Quello che voi vedete è un mistero divino».

Virgilio Card. Noè, I grandi annunzi di Natale, Libreria Editrice Vaticana, 2000, 7-11.

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I grandi annunzi di Natale
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I grandi annunzi di Natale
Descrizione
Dal 17 dicembre in poi la Chiesa accentua la sua preparazione al Natale. I testi dell'Avvento si ca¬ratterizzano ulteriormente, e le antifone maggiori dan¬no un tono particolare a questi giorni. Con il loro ri¬torno al vespro e, dopo la riforma liturgica, anche nel¬la santa messa, tutta la giornata resta piena del loro profumo.
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