La riforma del clero

La riforma del clero

Sin dalla prima sessione i Padri conciliari operarono con l’obiettivo dichiarato di procedere «ad reformationem cleri et populi christiani», per ripristinare alcune regole cadute in desuetudine e disciplinare quanto poteva nuocere alla condotta morale dei chierici

Una delle preoccupazioni fondamentali che guidò la discussione dei Padri conciliari era la responsabilità dei sacerdoti quali testimoni della fede, esempio vivente del Vangelo davanti agli occhi dei fedeli; così infatti essi si esprimono nella sessione XXII: «nihil est, quod alios magis ad pietatem et Dei cultum assiduo instruat, quam eorum vita et exemplum, qui se divino ministerio dedicarunt»105.

Da questo assunto derivano sia le norme di ordine disciplinare sia le disposizioni in materia economica ed amministrativa, entrambe dettate con la funzione di correggere i singoli casi e, nel contempo, di orientare il sistema normativo a prevenire ulteriori abusi nel campo del sostentamento. Regole giuridiche e raccomandazioni morali si fondono nei testi conciliari al punto tale che, nella loro lettura, sarebbe improprio limitarsi ad una ricerca formale del dato normativo.

Ne è un esempio eloquente l’incipit del capitolo I del Decretum de reformatione generali approvato nel corso della sessione XXV del Concilio: «optandum est, ut ii, qui episcopale ministerium suscipiunt, quae suae sint partes agnoscant ac se non ad propria commoda, non ad divitias aut luxum, sed ad labores et sollicitudines pro Dei gloria vocatos esse intelligant».

Al severo monito iniziale, il capitolo I fa seguire un’elencazione di principi che sono definiti fondamentali (precipua) per il ripristino della vita ecclesiastica: «mores suos omnes componant, ut reliqui ab eis frugalitatis, modestiae, continentiae ac […] sanctae humilitatis exempla petere possint». Pertanto il Concilio ordina «ut episcopi modesta suppellectili et mensa, ac frugali victu contenti sint»; la prescrizione è data, come s’è visto, per i vescovi, ma il capitolo I precisa che essa si estende a tutti i titolari di benefici ecclesiastici, sia secolari che regolari, ed anche ai cardinali106.

104 «Reverendissimi ac reverendi patres, placetne vobis […] ad incrementum et exaltationem fidei et religionis christianae, ad extirpationem haeresum, ad pacem et unionem ecclesiae, ad reformationem cleri et populi christiani, ad depressionem et extinctionem hostium christiani nominis decernere et declarare, sacrum Tridentinum et generale concilium incipere et inceptum esse?» (Conc. Tridentinum, sess. I, Decretum de inchoando concilio, in COD, 660).

105 Conc. Tridentinum, sess. XXII, Decretum de reformatione, c. 1, in COD, 737.

106 Conc. Tridentinum, sess. XXV, Decretum de reformatione, cap. 1, in COD, 784-785.

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