O Adonai 18 dicembre

scritto da sabato, Dicembre 14, 2013 0 No tags Permalink 1

O Adonai 18 dicembre

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1) La seconda delle grandi antifone «O» in preparazione al Natale riconosce nel Messia un Dio, che non esita a intervenire nella storia degli uomini per salvarli: O Adonai, Signore e condottiero del popolo d’Israele che sei apparso a Mose nella fiamma del roveto ardente e gli hai dato la legge sul Sinai, vieni a redimerci con la potenza del tuo braccio.

2) L’invocazione al Signore onnipotente si appoggia sul¬la storia del passato del popolo d’Israele. Questo, scelto fra tutti i popoli a conservare le promesse di Dio, doveva essere come un simbolo della liberazione dalla colpa. I brevi cenni dell’antifona invitano a leggere alcuni squarci della Bibbia.
Il primo riguarda la chiamata di Mose: «Il Signore ap¬parve a Mose in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mose pensò: “Voglio avvicinarmi a vedere questo meraviglioso spettacolo: perché il roveto non brucia?” (Es 3, 2-3). Il mistero di un fuoco che brucia e non consuma fa scoprire a Mose il segno della presenza e dell’amore del Signore, il quale vuole servirsi di un uomo per liberare il suo popolo.
I padri della Chiesa videro nel roveto ardente il simbolo della Incarnazione. «In questi eventi, dice sant’Ireneo, venivano anticipate e insegnate le cose nostre del Verbo di Dio, che esponeva allora, a modo di esempio, in precedenza, i futuri eventi che riguardano tutti noi ». L’avvenimento più grande sarà quello dell’Incarnazione: il Figlio di Dio si farà visibile e sensibile (1 Gv 1, 1-3) per liberare il popolo. L’uomo in questo incontro con Dio non sarà distrutto, ma elevato a dignità di figlio.

3) Il secondo episodio a cui si richiama l’antifona è quello dell’alleanza del Sinai (cfr. Es, capitoli 19-20). A Dio, che prende l’iniziativa della salvezza, il popolo deve manifestare l’impegno che sarà fedele alla legge del Signore. Israele dovrà essere, in mezzo ai popoli della terra, testimone di fedeltà a Dio, dimostrando con la vita che la parola di Dio ha posto radici nel suo cuore e già porta frutti nella fede e nella speranza, prima che si manifesti visibilmente Dio, nella persona di Cristo. Nel Verbo di Dio fatto carne, Dio perfezionerà la legge e l’alleanza sarà perpetuata.
Negli episodi della liberazione d’Israele dall’Egitto, Dio aveva manifestato la potenza del suo braccio. Gli Ebrei non avevano mai finito di magnificare tutto ciò. Si ricordi il cantico di Mose (Es 15), in cui si esalta «la destra del Signore gloriosa nella potenza» (ib. 15, 6) e dove si ironizza sui nemici presi da «paura e terrore per la grandiosità del tuo braccio» (ib. 15, 16). Nella liberazione di Israele c’era l’indicazione che Dio voleva salvare ogni uomo. Ma lo stile con cui si sarebbe compiuta la salvezza dell’uomo doveva essere ben diverso. A Mar Rosso e al Sinai si sareb¬bero contrapposti Betlemme e la sua grotta. Il braccio di Dio lo si sarebbe avvertito tanto più potente, quanto più lo si sarebbe scoperto nel braccio fragile del Bambino di Betlemme. La Redenzione inizia con l’umiliazione di Natale e si concluderà con l’annientamento (kénosis) del Calvario.
5) Il testo della preghiera ha voluto conservare nel suo inizio l’invocazione ebraica Adonai. Non poteva non essere così in questo caso: quando Dio parla a Mose dal roveto ardente, gli dice: «Io sono Iahvè. Sono apparso ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe come Dio onnipotente. Ma con il mio nome di Adonai non mi sono mai manifestato a loro… Io sono il Signore! Vi sottrarrò dai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso. Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio» (Es 6, 2-7). Anche Giuditta, dopo la liberazione del popolo, si introduce al Signore, dicendogli: «Adonai, Signore, tu sei grande, magnifico nella tua potenza e nessuno può superarti» (ib. 16, 16). In questa antifona liturgica si è voluto accostare l’onnipotenza di Dio (nome e azione) al fatto della Redenzione, per significare che la grandezza e la potenza di Dio si rivelano più nel perdonare le colpe che non nel creare il mondo, e nel liberare da una schiavitù materiale.
6) A Natale ci si avvicina a questo miracolo rappresentato dall’alleanza eterna che Dio ha concluso con l’uomo per mezzo dell’Incarnazione. Quale atteggiamento assumere? Quello di Mose che, vedendo il roveto ardente, dice a se stesso: «Andrò e vedrò questa grande visione». «Se la legge è stata data per mezzo di Mose, ricorda la liturgia, la grazia e la verità sono arrivate a noi da Cristo », per mezzo di Maria, la Madre Vergine.
La liturgia ha visto nel roveto ardente e non consumato un simbolo della verginità di Maria, e oggi ancora la saluta così: «Come il roveto che Mose vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio: noi ti lodiamo, tu prega per noi» (Liturgia della solennità della Madre di Dio).

Virgilio Card. Noè, I grandi annunzi di Natale, Libreria Editrice Vaticana, 2000, 19-23.

Canto Gregoriano O Adonai

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O Adonai 18 dicembre
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O Adonai 18 dicembre
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La seconda delle grandi antifone «O» in prepara¬zione al Natale riconosce nel Messia un Dio, che non esita a intervenire nella storia degli uomini per salvarli: O Ado¬nai, Signore e condottiero del popolo d'Israele che sei apparso a Mose nella fiamma del roveto ardente e gli hai dato la legge sul Sinai, vieni a redimerci con la potenza del tuo braccio.
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