Estero
2 La Bielorussia
Simile a quella russa è la situazione che veniva descritta nel 1997 dalla Conferenza Episcopale della Bielorussia: la Chiesa non riceve alcun finanziamento dallo Stato, integra le risorse che provengono dalle offerte dei fedeli con le donazioni delle organizzazioni religiose occidentali e sono queste le due uniche fonti di mantenimento per il clero.
3.1.3 La Bulgaria, la Lettonia e la Lituania
Per la Bulgaria, la Lettonia e la Lituania, le rispettive Conferenze Episcopali riportano informazioni analoghe circa la soluzione delle questioni economiche legate all’attività pastorale; in Bulgaria, il rapporto privilegiato tra lo Stato e la Chiesa Ortodossa Bulgara, che risale sino ai tempi del regime socialista, si esplica tuttora in una serie di sovvenzioni pubbliche per il culto ed il mantenimento del clero che non sono riconosciute ai cattolici.
3.1.4 La Romania
In altri Paesi, il mutamento del regime politico non ha comportato l’abrogazione delle norme che disponevano l’erogazione da parte dello Stato di uno stipendio a favore dei ministri di culto. Resta da verificare se istituti siffatti garantiscano a sufficienza la libertà religiosa e non si traducano – come per il passato – in forme di controllo e di condizionamento dell’azione della Chiesa.
Si pensi, per esempio, al caso della Chiesa cattolica di rito latino in Romania1, dove la vigente legislazione prevede che competa allo Stato di stabilire lo stipendio minimo dei chierici e delle persone a servizio della Chiesa. Dal 1990 lo Stato assicura una somma uguale a tutti i chierici e agli addetti alla Chiesa mediante la Segreteria di Stato per i culti; l’altra parte è assicurata dalla diocesi. Dallo stipendio vanno però detratte tutte le tasse e altri gravami come l’imposta per il fondo disoccupati o quella per la Cassa delle Pensioni e dell’Assicurazione sociale dei salariati della Chiesa Romano-Cattolica della Romania. La situazione è comunque particolarmente fluida, soprattutto a motivo dell’incertezza del diritto statale e della gravissima situazione economica che mina alla base il multisecolare sistema di contributi dei fedeli a livello locale e parrocchiale2.
3.1.5 L’Ungheria
In Ungheria, proprio grazie alle sovvenzioni statali, l’Ordinario diocesano può assegnare a ciascun sacerdote in servizio presso la diocesi una integrazione mensile, che va a cumularsi con la remunerazione garantita dalla parrocchia presso la quale viene esercitato il ministero. Le somme erogate su base annua dallo Stato sono trasferite alla Conferenza Episcopale, la quale provvede al riparto fra le diocesi e gli ordini religiosi.
3.1.6 Le Repubbliche Ceca e Slovacca
In Cecoslovacchia, la questione del sostentamento dei ministri di culto venne regolata nel 1949, con l’introduzione della «Legge sulla sicurezza economica delle Chiese e delle associazioni religiose», secondo la quale lo Stato corrispondeva sussidi soltanto a quegli ecclesiastici che svolgessero il proprio servizio con il consenso dell’autorità civile e che avessero prestato giuramento di fedeltà.
Il 31 dicembre 1992, la Federazione cecoslovacca è stata divisa in due repubbliche indipendenti (la Repubblica Ceca e la Slovacchia) che hanno sinora mantenuto i trasferimenti di danaro pubblico alle Chiese e la corresponsione di stipendi al clero.
Al riguardo, la Conferenza Episcopale Slovacca ha segnalato che, benché gran parte del patrimonio ecclesiastico sia stato restituito a partire dal 1993, la Chiesa è costretta a valersi ancora delle sovvenzioni statali e dei salari erogati dall’erario ai sacerdoti, anche se ciò mina l’indipendenza delle istituzioni religiose e «peut devenir ainsi un moyen d’oppression envers l’Église»3.
1 Per la situazione antecedente alla fine del regime di Cesaucescu e per una esemplificazione dei controlli statali sulla vita della Chiesa in materia di sostentamento del clero si veda: G. Kovács, «Il sostentamento del clero in Romania», 682-691. Comunque si possono assumere le conclusioni di G. Barberini: «Il sistema rumeno prevede sovvenzioni alle Chiese e regolari stipendi al clero che abbia ottemperato lealmente alle condizioni previste; con l’eccezione della Chiesa cattolica e del suo personale ecclesiastico che non ebbe il riconoscimento giuridico del 1948; […] il contravvenire alle leggi riguardanti l’ordinamento democratico della R.P.R. può provocare la cessazione totale o parziale delle sovvenzioni accordate; il clero che abbia attitudini antidemocratiche potrà essere privato temporaneamente o definitivamente del salario (art. 33 della legge sui culti)» (G. Barberini, « Il finanziamento […]: i Paesi socialisti», 136).
2 Tutto ciò ben ci fa comprendere come l’istituto di cui al c. 1274 venga visto con un certo disagio dalla Chiesa rumena: «sono quindi normali le difficoltà nel creare un sistema centralizzato là dove fedeli e chierici da secoli sono abituati ad “un autofinanziamento” delle parrocchie. Queste difficoltà poi aumentano perché la Chiesa deve sempre cercare di ridurre al minimo i rischi di un intervento arbitrario dello Stato» (G. Kovács, «Il sostentamento del clero in Romania», 730).
3Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae, Chiesa – Stato in Europa, 165.