L’opera di revisione del Codice del 1917 ed il nuovo Codice del 1983

La quarta tappa del nostro itinerario di ricerca sulla riforma del Codice del 1917, riguarda l’analisi particolareggiata dell’intera e graduale articolazione dei lavori della Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, che approdò alla formulazione dei canoni 1272, 1274 e 1275, dei quali si é affrontata un’analisi sistematica.

Circa il loro contenuto ci pare importante segnalare quanto segue:

5.1 Nel Codice è il canone 281, che, nel contesto del capitolo dedicato agli obblighi e diritti dei chierici, fissa in modo chiaro, secondo le disposizioni conciliari, il diritto dei chierici alla remunerazione: «ai chierici, in quanto si dedicano al ministero ecclesiastico, spetta una remunerazione adeguata alla loro condizione, tenendo presente sia la natura dell’ufficio, sia le circostanze di luogo e di tempo, perché con essa possano provvedere alle necessità della propria vita e alla giusta retribuzione delle persone del cui servizio hanno bisogno». Il diritto alla giusta remunerazione si radica, pertanto, nella condizione di ministro sacro e trova la sua origine nella stessa incardinazione.

Questo diritto, nei confronti del Vescovo e di tutti i fedeli, non deve essere confuso con la remunerazione che spetta ad un operaio all’interno di un rapporto lavorativo, quasi che il ministero sacro possa essere equiparato ad una prestazione d’opera e la giusta remunerazione ad un corrispettivo economico di tale prestazione.

La Chiesa non assicura una retribuzione al lavoro del sacerdote, ma gli garantisce l’onesto sostentamento per poter vivere e per compiere il proprio ministero.

5.2 Dall’analisi dei termini «remunerazione» e «sostentamento», è emerso che la categoria di remunerazione è legata al ministero ecclesiastico ed è finalizzata al sostentamento del chierico. Ciò è perfettamente compatibile con il fatto che un chierico possa mantenere il diritto ad avere quanto gli serve per vivere e quindi un adeguato sostentamento, anche se non esercita più un ufficio o un altro incarico ecclesiastico. Pertanto un chierico ha diritto al sostentamento anche senza avere diritto ad una remunerazione, ma non viceversa.

Il diritto al sostentamento é correlato all’ordinazione sacramentale ed al legame con la Chiesa mediato dall’incardinazione, permane anche senza l’esercizio di un ufficio o ministero, basti pensare ai chierici malati o anziani. Inoltre, il sostentamento dei chierici può essere conseguito attraverso altri mezzi rispetto alla remunerazione, come nel caso delle offerte ricevute per la celebrazione della S. Messa.

5.3 Il canone 1272, pur non abolendo espressamente i benefici ecclesiastici, ne proibisce l’erezione e dispone che quelli esistenti vengano regolati da una normativa transitoria guidata da due principi guida: l’abolizione del nesso ufficio e beneficio; il trasferimento della dote beneficiale all’istituto di cui al canone 1274 § 1.

5.4 Il canone 1274 stabilisce la costituzione di un istituto diocesano che raccolga i beni e le offerte destinate al sostentamento del clero. Il patrimonio di tale istituto potrà essere costituito con beni e offerte, rendite e doti di benefici, beni di fondazioni autonome estinte, frutti di pie fondazioni, sovvenzioni statali e di enti pubblici o privati, offerte raccolte negli edifici di culto, e quant’altro possa concorrere ai fini di tale istituto.

Al § 2 del canone 1274 si ribadiscono le disposizioni di PO 21 circa la creazione di un istituto per la previdenza sociale del clero finalizzato alla previdenza sociale ed all’assistenza sanitaria del clero, con la dovuta attenzione verso i sacerdoti malati, invalidi o anziani.

5.5 Forte è l’attenzione del Codice affinché temi complessi, come la dinamica gestionale dei patrimoni finalizzati al sostentamento del clero, possano essere opportunamente affrontati mediante la cooperazione tra le Diocesi: si vedano, a questo proposito, il § 4 del canone 1274 ed il canone 1275.

Non si tratta solamente di attuare criteri meramente organizzativi, ma anche di tradurre in concreto i principi di solidarietà tra le Chiese e di comunione dei beni, fortemente ribaditi dal Concilio.

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