Le indicazioni del Concilio Vaticano II
Introduzione
Era il 25 gennaio 1959 quando il Sommo Pontefice Giovanni XXIII, con l’annuncio della celebrazione di un Concilio ecumenico, manifestava altri due importanti intendimenti: la revisione del Codex Iuris Canonici e la convocazione del Sinodo romano1.
In ottemperanza a quanto espresso dal S. Padre, il Concilio, tappa fondamentale per l’autocomprensione della Chiesa nei tempi moderni, diverrà anche una sede privilegiata per la discussione relativa a varie riforme.
L’assise conciliare non costituì semplicemente il «luogo» nel quale ratificare delle scelte, ma rappresentò un «tempo» fecondo, nel quale maturarono le linee guida, che resero possibile un rinnovamento della prassi ecclesiale.
A tale proposito, all’interno della riflessione ecclesiologica trovarono spazio le questioni inerenti al sacerdozio ministeriale e la connessa problematica del sostentamento del clero.
E’ su quest’ultima che il nostro lavoro si focalizzerà. Per questo riteniamo opportuno tracciare un itinerario esemplificativo dal quale possa emergere con chiarezza lo sviluppo del pensiero dei Padri circa la materia oggetto della presente indagine.
Nell’ambito della Chiesa, come è stato trattato nel capitolo I, erano presenti istituzioni plurisecolari, tra le quali si annoverava il beneficium. Esso costituiva materia assai delicata anche per il rapporto che intercorreva con la realtà dello Stato; tale rapporto andava ripensato in modo radicalmente diverso rispetto al passato.
I Padri, nella fase iniziale, compirono non poca fatica a comprendere il grave logoramento del sistema beneficiale2.
A testimonianza di ciò, in pochi toccarono l’argomento nelle proposte inviate per il Concilio nella sua fase antepraeparatoria3.
In verità, la questione fondamentale era costituita dal legame tra i due elementi caratteristici del sistema beneficiale, ossia l’officium e il beneficium, secondo quanto fissato nella pars V del Codex Iuris Canonici 19174.
Nella fase preparatoria la mitigazione del nesso tra officium e beneficium, era contemplata nello Schema decreti de clericis5.
Tale documento era il risultato della fusione elaborata dalla Commissione «De disciplina Cleri et populi christiani» di tre precedenti suoi schemi:
Schema decreti de distributione cleri6;
Schema decreti de clericorum vitae sanctitate7
Schema decreti de officiis et beneficiis ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione8.
Il dibattito conciliare, tuttavia, se da un lato riconobbe l’utilità che il sistema beneficiale aveva rappresentato nei secoli per garantire l’honesta sustentatio del clero, dall’altro ne denunciò alcuni evidenti limiti.
Il grande risultato raggiunto dal Concilio, fu comunque quello di spostare l’accento dal beneficium all’officium, attenuando il nesso tra chierico e bene temporale9 e proponendo alcuni strumenti tecnici atti a favorire una forte presa di coscienza dell’importanza dell’officium.
La riflessione dei Padri approdò a molteplici redazioni dello schema, che il 7 dicembre 1965 fu approvato come Decretum de presbyterorum ministerio et vita (Presbyterorum Ordinis) che affermava:
il rilievo maggiore deve essere dato all’ufficio che svolgono i sacri ministri. Perciò si deve abbandonare il sistema noto come beneficiale, o per lo meno lo si deve riformare a fondo, in modo che la parte beneficiale – ossia il diritto al reddito connesso all’ufficio ecclesiastico – sia trattato come cosa secondaria, mettendo così in posizione prioritaria l’ufficio stesso. D’ora in avanti, inoltre, per ufficio ecclesiastico si deve intendere qualsiasi incarico conferito in modo stabile per un fine spirituale10.
La conferma che la proposta conciliare potesse condurre a mutare radicalmente il sistema del sostentamento del clero, venne dal m.p. Ecclesiae Sanctae, promulgato dal Papa Paolo VI il 6 agosto 196611.
Il motu proprio, oltre a stabilire delle norme applicative dei decreti conciliari, disponeva, altresì, che i beni derivanti da fonti beneficiali fossero soggetti ad un’equa distribuzione sotto la sorveglianza dei Vescovi e che alla Commissione per la revisione del Codice del 1917 fosse affidata la riforma del sistema beneficiale12.