Conclusione

L’iter del decreto conciliare PO, che abbiamo affrontato cercando di esporre i momenti salienti circa la nostra materia, ha mostrato una prima e fondamentale evidenza: qualsiasi riflessione in materia di sostentamento del clero non può mai prescindere da quel più generale ambito ecclesiologico nel quale trova la sua naturale collocazione.

Il problema posto dal Concilio non è quello di individuare questa piuttosto che quella soluzione tecnica, ma quale sia il senso del ministero presbiterale nella vita della Chiesa e dunque di quel necessario sostentamento a cui l’operaio del Vangelo ha diritto.

Ne viene dunque che il tema del sostentamento è collocato all’interno della missione della Chiesa e dei fini di quei beni che la Chiesa ha il diritto di possedere proprio in ordine al compimento della sua specifica missione.

Il Decreto conciliare PO, ai numeri 17, 20, 21, sottolinea alcune linee di principio che meritano di essere ribadite:

Il rapporto tra i beni temporali in genere e in specie con i beni ecclesiastici, deve essere caratterizzato da una profonda libertà nel rispetto della loro finalità. I beni che la Chiesa possiede sono strumenti mediante i quali la Chiesa stessa può raggiungere i propri fini specifici ossia il culto divino, il sostentamento del clero, le opere di apostolato e di carità, soprattutto verso i più bisognosi. In spirito di povertà evangelica il presbitero non può distorcere i fini ecclesiali dei beni della Chiesa e la loro natura comunionale in forza della quale essi vanno condivisi soprattutto con le Chiese più povere. Nel contempo vanno orientati a fini ecclesiali anche quei beni che, pur non essendo propriamente ecclesiastici, provengono al presbitero dal suo ministero.

Ai presbiteri, che si dedicano al servizio della Chiesa, spetta il diritto ad un onesto sostentamento proporzionato all’ufficio da essi svolto, così come spetta un’adeguata assistenza per la malattia e la vecchiaia. Il Decreto sottolinea come tale sostentamento debba essere proporzionato all’ufficio, ma anche alle condizioni dei luoghi e dei tempi. Soprattutto, però, si ribadisce con forza la necessità di superare situazioni di inaccettabile sperequazione.

Tenuto presente il contesto generale sopra tracciato, il Concilio sceglie, come percorso concreto per attuare la riforma del sistema del sostentamento del clero, non già l’abolizione immediata del sistema beneficiale, resa difficile proprio dalle concrete situazioni delle Chiese locali e dalle legislazioni diverse, anche civili, in materia, ma una nuova comprensione del concetto di ufficio ecclesiastico. Il nesso storicamente attestato tra beneficio e ufficio, dove l’accento cadeva sul primo termine e il secondo rimaneva in chiara posizione di subordine, viene radicalmente mutato. Non solo l’ufficio diviene preminente sul diritto ai redditi beneficiali, ma muta anche la nozione di ufficio ecclesiastico o meglio, viene allargata: ufficio ecclesiastico meritevole di adeguata remunerazione non sarà più solo quell’ufficio che comporta una partecipazione alla potestà di ordine o di giurisdizione, ma qualsiasi ministero e funzione istituito permanentemente, per diritto divino o ecclesiastico, per fini ecclesiali225.

Infine, quale mezzo concreto per la realizzazione di un diverso sistema di sostentamento del clero viene indicata la costituzione di un vero e proprio istituto per il sostentamento del clero e la possibilità, per le altre esigenze alle quali la diocesi deve far fronte, di costituire una «massa comune» diocesana.

Appare chiaro, anche solo da questi brevi accenni conclusivi, come il Concilio non abbia inteso dare una vera e propria normativa in materia, tuttavia ciò non toglie che esso abbia preso una posizione concreta indicando in maniera chiara le linee lungo le quali avrebbe poi potuto svolgersi il lavoro di revisione del Codex Iuris Canonici 1917.

 

1 Cfr. AAS 51 (1959) 68. Per il testo e commento del discorso papale cfr. A. MELLONI, ««Questa festiva ricorrenza»», 607-631.

2 Cfr. P. PALAZZINI, «La aequa remuneratio», 14.

3 Cfr. N. GIRASOLI, Significato ecclesiale, 4 e 10.

4 Per un confronto sulla concezione del rapporto beneficio-ufficio rispetto alla normativa precedente si veda O. ROBLEDA, «Notio officii ecclesiastici», 132-150.

5 «21.V.1963 Patribus mittitur Schema decreti de clericis» (F.G. HELLÍN, Presbyterorum ordinis, XXV).

6 De distributione Cleri (AD II/III, I, 355-357). E De Distributione Cleri (Tertia Congregatio: 10 nov. 1961) Schema propositum a commissione de disciplina cleri et populi christiani (AD II/II, I, 563-565).

7 De Clericorum vitae sanctitate (AD II/III, I, 358-361). E De Clericorum vitae sanctitate (Quarta Congregatio: 11 nov. 1961) Schema propositum a commissione de disciplina cleri et populi christiani (AD II/II, I, 595-598).

8 De officiis et beneficiis ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione (AD II/III, I, 371-375). E De officiis et beneficiis ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione (Septima Congregatio: 16 nov. 1961) Schema propositum a commissione de disciplina cleri et populi cristiani (AD II/II, I, 685-689).

9 E’ questo uno dei problemi che conserva una certa ambiguità nei documenti conciliari (cfr. V. DE PAOLIS, «Il sostentamento», 581 e O. ROBLEDA «De systemate beneficiali», 151-166).

10 «Officio vero, quod sacri ministri adimplent, praecipuum momentum tribuere oportet. Quare systema sic dictum beneficiale relinquatur aut saltem ita reformetur ut pars beneficialis, seu ius ad reditus ex dote officio adnexos, habeatur tamquam secundaria, et princeps in iure tribuatur locus ipsi officio ecclesiastico, quod quidem deinceps intellegi debet quodlibet munus stabiliter collatum in finem spiritualem exercendum» (PO, n. 20, in EV I, 762).

11 Cfr. PAOLO VI, Litt. Ap m.p. Ecclesiae Sanctae, 6.8.1966, AAS 58 (1966) 757-787.

12 «Commissioni Codici Iuris Canonici recognoscendo committitur reformatio systematis beneficialis. Interim curent Episcopi, suis auditis Consiliis presbyterorum, ut provideatur aequae distributioni bonorum, etiam redituum ex beneficiis provenientium» (ES, n. 8, in EV II, 708).

13 Cfr. AD I/I, 22-23; G. CAPRILE, Il Concilio Vaticano II, I/I, 163-175; G. ALBERIGO, ed., Storia del Concilio, I, 60-65 e 105-122.

14 Cfr. A. ZAMBARBIERI, I Concili del Vaticano, 156-157.

15 A. ZAMBARBIERI, I Concili del Vaticano, 157.

16 Le cinque questioni su cui i consultori venivano chiamati ad esprimere il loro parere erano: «1. De veritate sancte custodienda; 2. De sanctitate et apostolatu clericorum et fidelium; 3. De ecclesiastica disciplina; 4. De scholis; 5. De Ecclesiae unitate». Come si può notare, sono soprattutto i punti (2) e (3) che hanno un interesse pratico per il nostro lavoro. Tuttavia è da notare anche il fatto che questa schematizzazione fu presto abbandonata in favore di un invito ad esprimere le proprie considerazioni «omni cum veritate et sinceritate». Anche Giovanni XXIII, nel discorso al clero bolognese del 17 febbraio 1960 e durante il concistoro semipubblico «Ad Patres Purpuratos», del 30 maggio 1960, ribadì questo invito (cfr. rispettivamente in AD I/I, 76 e in AD I/I, 89-92).

17 Pubblicato in due appendici al secondo volume degli AD I/II, Appendix I-II. Cfr. A. ZAMBARBIERI, I Concili del Vaticano, 158.

18 F. A. JOP, tit. Daulien, aux. Sandomiriensis, in AD I/II, Appendix II, 563.

19 J. CAPRIO, internunt. Ap. in Sinis, in AD I/II, Appendix II, 566.

20 F. RENDEIRO, ep. Pharaonensis, in AD I/II, Appendix II, 547.

21 «Ordinariis ius reservetur invigilandi administratores bonorum ecclesiasticorum, quos in usus bona superflua insumant» (F. card. KÖNIG, archiep. Vindobonensis; F. JACHYM, tit. Maroneus, coad. Vindobonensis; I. STREIDT, tit. Macren. in Mauretania, aux. Vindobonensis; F. ZAUNER, res. Lincien; M. MEMELAUER, ep. S. Hippoliti; S. LÁSLÓ, tit. Metellopolitanensis, in AD I/II, Appendix II, 547).

22 I. M. CARD. BUENO Y MONREAL, archiep. Hispalensis; I. LOPEZ ORTIZ, ep. Tudensis-Vicensis, in AD I, Appendix II, 561.

23 AD I/II, III, 760.

24 «Aerarium commune constituatur in unaquaque dioecesi: ex reditibus ecclesiarum, ex emolumentis ab unoquoque sacerdote perceptis, ex elemosynis missarum manualium (emendato c. 1506)» (T. B. COORAY, res. Columben in Ceylon, in AD I/II, Appendix II, 565).

25 H. POLETTI, tit. Medelitanensis, aux. Novarensis, in AD I/II, Appendix II, 557.

26 E. I. PRIMEAU, ep. Manchesteriensis, in AD I/II, Appendix II, 562.

27 A. M. CARLI, ep. Signinus; I. B. DAL PRA, ep. Interamnensis et Narniensis; I. B. PARODI, ep. Savonensis et Naulensis; A. SIGNORA, tit. Nicosiensis, prael. Pompeianensis; G. BINASCHI, ep. Pineroliensis; L. MARCANTE, ep. Valvensis et Sulmonensis; B. UBALDI, ep. Eugubinensis; F. PENNISI, ep. Ragusiensis; P. PRINCIPI, tit. Tyanensis, prael. Lauretanensis; H. I. AMBROSI, ep. Goritiensis et Gradiscanensis; A. GIANFRANCESCHI, ep. Caesenatensis, in AD I/II, Appendix II, 556.

28 Cfr. S. CONGREGATIO CONSISTORIALIS, in AD I/III, 58-59.

29 Cfr. S. CONGREGATIO DE PROPAGANDA FIDE, in AD I/III, 249-250.

30 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 135.

31 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136.

32 «Structura actualis beneficii ecclesiastici, praesertim paroecialis, corrigatur, ita ut titularis non sit amplius usufructuarius bonorum dotem beneficii constituentium, sed tantum administrator negotiorumque gestor, ad instar omnium aliorum entium ecclesiasticorum» (S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136).

33 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136.

34 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136.

35 Ricorrendo a norme «atipiche» di ripartizione del reddito come, per esempio, «pensionibus extraordinariis» (S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136).

36 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136.

37 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 136.

38 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137.

39 La Congregazione proponeva, per far fronte a questi casi, la costituzione di un sistema di previdenza che potesse provvedere «concretamente e sistematicamente» alla loro risoluzione, ed auspicava che tale sistema, pur caratterizzato da una forma mutualistica, fosse, per quanto possibile, indipendente da quello statale, in modo da garantire maggiore conformità all’Ecclesiae spiritui (cfr. S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137).

40 Cfr. S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137.

41 «Ad praecavendos vero casus peculiarium necessitatum, quae occurrere possunt, non excludenda videtur opportunitas instituendi vel provehendi aliquas formas nationales, vel internationales, quibus congrua subsidia procurentur et erogentur pro Sacerdotibus in circumstantiis supradictis constitutis, ut ex. gr. fundum caritativum» (S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137).

42 «[…] ad congruam sustentationem omnium Sacerdotum pro beneficia, officia et subsidia sufficientia (can. 981 § 2), oportet novas formas instituere […]» (S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137).

43 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137. La Congregazione doveva aver presente in merito il problema delle legislazioni civili eversive dell’»asse ecclesiatico» che, in ambito europeo, si erano succedute a più riprese, iniziando dal periodo illuminista, e che consideravano i benefici ecclesiastici come «mano morta».

44 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 137.

45 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 146.

46 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 146.

47 S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/ III, 146.

48 Per impedire, ad esempio, che i «beneficia curata», invece di essere utilizzati per i ministeri con cura d’anime, «misceantur cum aliis cuiuscumque generis» (S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 146).

49 Cfr. S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 146.

50 Cfr. S. CONGREGATIO CONCILII, in AD I/III, 146.

51 PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 283.

52 Cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 282.

53 PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 282.

54 PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 282.

55 Cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 283.

56 PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 283.

57 Cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 283.

58 Cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 283.

59 La Pontificia Università Lateranense proponeva che questi nuovi «administratores»: «ab ipsis beneficiariis eligantur (vel etiam ex ipsis sumantur)» (PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 283).

60 La Pontificia Università Lateranense ricordava che con l’introduzione della riforma sarebbero potute nascere alcune difficoltà nell’amministrazione del patrimonio beneficiale. Innanzitutto in alcune località i beneficiari, in particolare «qui agricolarum genere orti sunt», collaboravano liberamente alla conduzione dei campi, coltivati da altri, dai quali poi ricevevano i frutti; in secondo luogo bisognava saldare lo stipendio agli amministratori; infine non era facile amministrare beni situati in località diverse. A quest’ultima difficoltà si poteva ovviare con opportune vendite ed acquisti, in modo che la maggior parte dei benefici risultasse costituita da «agri finitimi» (PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 284).

61 PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 284.

62 PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 284.

63 Cfr. PONTIFICIUM ATHENAEUM «DE PROPAGANDA FIDE», in AD I/IV, I/1, 475.

64 Cfr. PONTIFICIUM ATHENAEUM «DE PROPAGANDA FIDE», in AD I/IV, I/1, 475.

65 «Aliud praeterea cordi est commendare: ad strictiorem quamdam sacerdotum, ut fratres addecet, inter se coniunctionem, quam episcopalis auctoritas firmet ac moderetur. Id sane commendabile, quod in societatem coelescant ad mutuam opem in adversis parandam, ad nominis et munerum integritatem contra hostiles astus tuendam, ad alias istiusmodi causas. At pluris profecto interest, consociationem eos inire ad facultatem doctrinae sacrae excolendam, in primisque ad sanctum vocationis propositum impensiore cura retinendum ad animarum provehendas rationes, consiliis viribusque collatis» (PIUS X, Exort. Haerent animo, 4.8.1908, ASS 41 [1908] 576. Il passo è riportato integralmente in PONTIFICIUM ATHENAEUM «DE PROPAGANDA FIDE», in AD I/IV, I/1, 475-476).

66 PONTIFICIUM ATHENAEUM «DE PROPAGANDA FIDE», in AD I/IV, I/1, 476.

67 «I beni beneficiali, sia mobili che immobili, sia derivanti da altre prestazioni, anche da parte dell’autorità civile, sia dalle offerte dei fedeli, sia dai diritti di stola, sia dall’attività pastorale, sia da tutti i beni che a qualsiasi titolo vengono alla Chiesa» (V. DE PAOLIS, «Il sostentamento», 576; cfr. PONTIFICIUM ATHENAEUM SALESIANUM, in AD I/IV, I/2, 206-207).

68 Cfr. PONTIFICIUM ATHENAEUM SALESIANUM, in AD I/IV, I/2, 207.

69 PONTIFICIUM ATHENAEUM SALESIANUM, in AD I/IV, I/2, 208. A titolo di completezza, si aggiunge che il Pontificio Ateneo Salesiano interveniva con un voto specifico nella spinosa questione della «maxima paupertas et deficientia rerum necessarium in qua versantur plures sacerdotes cum ad senectutem proveniunt». I rimedi proposti consistevano nella costituzione di una «securitas socialis» per i sacerdoti «contra infirmitates et infortunia» e nella creazione di una pensione «pro senectute» per tutti quei chierici che, a causa dell’età avanzata o dell’infermità, non potevano svolgere l’ufficio ecclesiastico (cfr. PONTIFICIUM ATHENAEUM SALESIANUM, Votum 47: De praevidentiis socialibus pro clero et pro religiosis, in AD I/IV, I/2, 213).

70 Cfr. PONTIFICIA FACULTAS THEOLOGICA KURULITANA SS. CORDIS JESU, in AD I/IV, II, 658.

71 UNIVERSITAS CATHOLICA LUBLINENSIS, in AD I/IV, II, 246.

72 UNIVERSITAS CATHOLICA OTTAVIENSIS, in AD I/IV, II, 493.

73 Cfr. FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 714-717.

74 Ad esempio l’inutile entium multiplicatio, generata dalla coesistenza di un beneficio del parroco, distinto da una proprietà della chiesa parrocchiale (cfr. FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 717).

75 Cfr. FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 718.

76 La persona giuridica doveva essere posta in evidenza più delle istituzioni come «(dioecesis, paroeciae, vicariae etc.) aut collegiorum v. g. capituli» (FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 719).

77 Qualora constasse dalla volontà dei benefattori che una certa parte «bonorum dotalium» non fosse destinata al sostentamento del clero ma «alii piae causae in loco exsistenti» sia separata dagli altri beni e costituisca una diversa pia fondazione (cfr. FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 719).

78 A questo consortium diocesano, separato dagli altri uffici diocesani, spetterà non solo l’amministrazione delle fondazioni e la riscossione dei redditi, ma anche l’erogazione degli stipendi, stabiliti «ab Ordinariis in conferentia episcopali aut ab Apostolica Sede, si agatur de officiis concistorialibus» (FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 719).

79 In essa dovevano confluire le offerte delle messe celebrate dagli officiales. Questo avrebbe facilitato il bene spirituale dei sacerdoti e l’edificazione spirituale dei fedeli (cfr. FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 720).

80 FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 720.

81 Si chiariva che «Capitulo cathedrali subrogari possunt consultores dioecesani et cultus sollemnitati aliis modis caveri potest» (FACULTAS THEOLOGICA NEAPOLITANA, in AD I/IV, II, 720).

82 PONTIFICIA UNIVERSITAS SALMANTICENSIS, in AD I/IV, II, 550.

83 PONTIFICIA UNIVERSITAS SALMANTICENSIS, in AD I/IV, II, 550.

84 FACULTAS THEOLOGICA TREVIRENSIS, in AD I/IV, II, 751.

85 FACULTAS THEOLOGICA TREVIRENSIS, in AD I/IV, II, 751.

86 FACULTAS THEOLOGICA TREVIRENSIS, in AD I/IV, II, 751.

87 FACULTAS THEOLOGICA TREVIRENSIS, in AD I/IV, II, 751.

88 Cfr. FACULTAS THEOLOGICA TREVIRENSIS, in AD I/IV, II, 751.

89 Come: a) la quasi impossibilità di un opportuno pensionamento del parroco, al quale, se beneficiario, spettino tutti i frutti del beneficio e, niente, se egli cessa dal beneficio; b) il cumulo di redditi dei benefici più pingui per il beneficiario, a danno delle nuove chiese e delle parrocchie periferiche; c) l’opposizione fatta alla divisione delle grandi parrocchie e al trasferimento dei parroci, legata alla «cupiditatem retinendi pinguem beneficium»; d) le difficoltà di rimuovere i parroci inamovibili, nonostante lo richiedesse il bene della diocesi; e) il fatto che in molte nazioni i parroci non siano beneficiari (cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS COMILLENSIS, in AD I/IV, II, 68).

90 PONTIFICIA UNIVERSITAS COMILLENSIS, in AD I/IV, II, 68.

91 Cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS COMILLENSIS, in AD I/IV, II, 69.

92 Cfr. GIOVANNI XXIII, m.p. Superno Dei nutu, 5.6.1960, AAS 52 (1960) 433-437.

93 Si tratta rispettivamente dello Schema decreti de cura animarum, consultabile in SCD III, 123, n. 81, passato poi in AS II/IV, 751-826 e dello Schema decreti de clericis in Schemata constitutionum, in SCD IV, 37-39, passato poi in AS II/IV, 756.

94 Cfr. Schema Decreti de cura animarum, Caput II, De pastorali episcoporum munere, nn. 16-18, in AS II/IV, 756.

95 Appendix I, De pastorali episcoporum munere, n. 9, in AS II/IV, 774.

96 Cfr. Appendix II, De pastorali episcoporum munere, in AS II/IV, 780. Tale triplice finalità delle oblazioni ecclesiastiche venne fondata anche sull’autorità di s. Tommaso d’Aquino: «[…] et ideo oblationes quae a populo Dei exhibentur ad sacerdotes pertinent; non solum ut eas in suos usus convertant, verum etiam ut fideliter eas dispensent, partim quidem expendendo eas in his quae pertinent ad cultum divinum, partim vero in his quae pertinent ad proprium victum (quia qui altari deserviunt, cum altari participant, ut dicitur 1 Cor. 9); partim etiam in usus pauperum, qui sunt, quantum fieri potest, de rebus Ecclesiae sustentandi […]» (s. THOMAE AQUINATIS, Summa Theologiae, IIa-IIae, q. 86, a. 2, 438, citato in Appendix II, De pastorali episcoporum munere, in AS II/IV, 787).

97 Cfr. Appendix II, De pastorali episcoporum munere, in AS II/IV, 783.

98 «Personam moralem esse non posse parochum iam nunc statuitur in can. 489, § 1 CICO: «Parochus est presbyter cui paroecia collata est in titulum cum cura animarum sub Episcopi auctoritate exercenda»» (Appendix III, De pastorali parochorum officio, in AS II/IV, 788).

99 De officiis et beneficiis ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione, in AD II/III, 371-375; e De officiis et beneficiis ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione (Septima Congregatio: 16 nov. 1961) Schema propositum a commissione de disciplina cleri et populi christiani, in AD II/II, I, 685-689.

100 «Textus definitive probatus in Sessione Generali habita diebus 17-22 iulii 1961» (AD II/III, I, 375).

101 AD II/III, I, 371.

102 Sull’argomento dell’amministrazione dei beni temporali i due schemi si muovono parallelamente, secondo le linee proposte nel voto della Pontificia Università Lateranense (cfr. PONTIFICIA UNIVERSITAS LATERANENSIS, in AD I/IV, I/1, 282-284).

103 Il paragrafo suddetto si mutava in «Officium ecclesiasticum lato sensu acceptum, sed stabiliter collatum, ad omnes effectus quod attinet officio strictu sensu accepto accensetur, nisi aliud exspresse statuatur» (AD II/III, I, 371).

104 Cfr. AD II/III, I, 371.

105 Possono erigere uffici ecclesiastici: 1) Oltre al Romano Pontefice, gli Ordinari nel loro territorio proprio, ma non il Vicario Generale senza mandato speciale. 2) Anche il Cardinale nel proprio titolo o diaconia può erigere «officia non curata, nisi ecclesia sit religionis clericalis exemptae» (AD II/III, I, 372).

106 AD II/III, I, 372. Ma alla maggior parte dei membri della Commissione piacque che «quorum interest, audiendi non sint ad validitatem, ne officii ecclesiastici erectio in facili periculo invaliditatis versetur» (AD II/III, I, 375, nota 1).

107 AD II/III, I, 372.

108 AD II/III, I, 372-373.

109 I periti dovevano coadiuvare «praesertim quoad agrorum aliorumque immobilium administrationem», permettendo ai sacerdoti di adempiere meglio il sacro ministero (cfr. AD II/III, I, 373).

110 Sarebbe stato di competenza delle Conferenze Episcopali regionali o nazionali definire «quid ea de re Sanctae Sedi proponendum videatur» (AD II/III, I, 373).

111 Il diritto particolare avrebbe dovuto determinare le modalità d’utilizzo del fondo diocesano, rispettando i peculiari oneri annessi ai singoli benefici (cfr. AD II/III, I, 374).

112 La costituzione della «massa comune» per le diverse esigenze della diocesi, non era, infatti, considerata obbligatoria in nessuno dei due schemi (cfr. Schema propositum a Commissione De Disciplina Cleri et Populi Christiani, De administratione bonorum ecclesiasticorum, art. XIII, in AD II/II, I, 688; Schema Decreti de Clericis, cap. III De officiis et beneficiis ecclesiasticis minoribus saecularibus deque bonorum ecclesiasticorum administratione, De administratione bonorum ecclesiasticorum, n. 46, in SCD IV, 42).

113 I beneficiari, in realtà, non potevano appropriarsi lecitamente dei redditi beneficiali, oltre la quantità predetta. Tutti i redditi «in massam communem bonorum dioeceseos conferendi sunt, nisi necessarii sint ad specialia onera adimplenda beneficio adnexa» (AD II/III, I, 374).

114 Cfr. AD II/III, I, 374

115 Cfr. AD II/III, I, 374-375.

116 Cfr. De officiis et beneficiis ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione (Septima Congregatio: 16 nov. 1961) Schema propositum a commissione de disciplina cleri et populi christiani (AD II/II, I, 685-689).

117 Il CARD. CIRIACI, affermava: «sermo esse de beneficiis, sed hodie omnia deberent officia dici, et etiam canonici, qui orant in Ecclesia et adimplent nobilissimum officium» (P. CARD. CIRIACI, Relatio em.mi P. D. Petri card. Ciriaci praesidis Commissionis de Disciplina Cleri et Populi Christiani, in AD II/II, I, 689).

118 P. CARD. CIRIACI, Relatio em.mi P. D. Petri card. Ciriaci praesidis Commissionis de Disciplina Cleri et Populi Christiani, in AD II/II, I, 689.

119 Il CARD. CIRIACI ricordava le parole dette da un cardinale «Archiepiscopus alicuius magnae dioecesis» ai rappresentanti di una nuova banca. Essi, tutti ecclesiastici, esposero al cardinale che la banca annoverava anche dipendenti laici, «bonos catholicos», ma solo «plus vel minus», «periti in re administativa». Il Cardinale domandò se ci fossero anche degli ebrei fra di loro. I rappresentanti negarono scandalizzati. Il Cardinale rispose: «Ego valde aedificatus sum de ista re, quae dixistis, sed meam pecuniam in vestra Banca non ponam» (cfr. P. CARD. CIRIACI, Relatio em.mi P. D. Petri card. Ciriaci praesidis Commissionis de Disciplina Cleri et Populi Christiani, in AD II/II, I, 689).

120 P. CARD. CIRIACI, Relatio em.mi P. D. Petri card. Ciriaci praesidis Commissionis de Disciplina Cleri et Populi Christiani, in AD II/II, I, 689-690.

121 La Sacra Congregazione Concistoriale aveva elevato la somma a tre milioni di franchi, ma questo era ancora insufficiente a causa della svalutazione monetaria e delle ingenti spese per l’edificazione di chiese e scuole nel periodo postbellico. Le soluzioni consistevano nella concessione ai vescovi di facoltà a scadenza quinquennale per i contratti di maggior entità e nella proposta alla Santa Sede dell’ammontare della somma, da fruirsi per «acta extraordinariae administrationis». Il Cardinale propendeva invece per una riforma del Codex, ricordando come in esso si parlasse di lire o franchi, soggetti a frequenti movimenti valutari; nei trattati commerciali, invece, «Orientales et Occidentales sunt concordes» che tutto fosse da calcolarsi «in dollaris». Il Cardinale ricordava altresì che «multas dioeceses mundi non petere et sic canonice multos actus extraordinariae administrationis esse nullos, sed supplet Ecclesia in hisce cum in aliis rebus» (cfr. P. CARD. CIRIACI, Relatio em.mi P. D. Petri card. Ciriaci praesidis Commissionis de Disciplina Cleri et Populi Christiani, in AD II/II, I, 690).

122 Il CARD. CIRIACI, in proposito, menzionò la proposta del card. Cento, il quale,  a sua volta, avrebbe auspicato che i chierici testassero «quantum est possibile, pro Ecclesia». Il Porporato non ebbe ad indicare però come i Vescovi potessero tradurre in  normativa tale proposta, demandando al Concilio il compito di provvedere «ad recolendam hanc dispositionem quae facile ex mentibus clericorum fugit» (cfr. P. CARD. CIRIACI, Relatio em.mi P. D. Petri card. Ciriaci praesidis Commissionis de Disciplina Cleri et Populi Christiani, in AD II/II, I, 691).

123 Il CARD. FERRETTO iniziava il suo intervento affermando: «Schema propositum mihi valde placet: permulta continentur vere bona et utilia pro dioecesium regimine» (CARD. FERRETTO, in AD II/II, I, 691).

124 CARD. PLA Y DENIEL, in AD II/II, I, 692.

125 Cfr. CARD. FRINGS, in AD II/II, I, 692-693.

126 L’Ordinario in questo modo avrebbe potuto ovviare al divieto espresso dalla IX proposizione del «De officiis et beneficiis ecclesiasticis», relativa al divieto di ridurre il beneficiario ad un beneficio inferiore e, proporzionalmente, meno remunerato (cfr. CARD. LÉGER, in AD II/II, I, 693).

127 «Quae hic dicuntur, superflua esse videntur cum ea iam in Codice contineantur» (CARD. GRACIAS, in AD II/II, I, 695).

128 CARD. LARRAONA, in AD II/II, I, 699-701.

129 Schema Decreti de Clericis, cap. III De officiis et beneficiis ecclesiasticis minoribus saecularibus deque bonorum ecclesiasticorum administratione, in SCD, IV, 37-42.

130 Il titolo del primo paragrafo «De officiis et beneficiis ecclesiasticis» fu modificato con l’aggiunta «minoribus saecularibus», lasciando immutato il titolo del secondo. Si addivenne ad una numerazione progressiva degli articoli dei due paragrafi da 24 a 47. L’articolo 24 (olim I) modificò ulteriormente il prescritto del canone 145 § 2 che divenne «Officium ecclesiasticum lato sensu acceptum, sed stabiliter collatum, ad omnes effectus quod attinet officio stricto sensu accepto accensetur, nisi aliud constet ex rei natura vel exspresse aut aequivalenter statuatur, vel clare ex contextu deducatur». Con l’aggiunta dell’inciso «ex rei natura vel [expresse] aut aequivalenter [statuatur] vel clare ex contextu deducatur». Le modifiche subite dagli altri articoli furono più di carattere lessicale che contenutistico (cfr. SCD, IV, 37).

131 G. CORBELLINI, «Note», 469.

132 Cfr. G. CAPRILE, Il Concilio Vaticano II, II, 269.

133 GIOVANNI XXIII rivolgendosi ai Venerabili Fratelli nell’Episcopato diceva: «Questo richiede da voi serenità d’animo, concordia fraterna, moderazione di progetti, dignità di discussioni e saggezza di deliberazioni» (cfr. GIOVANNI XXIII, alloc. «Gaudet Mater Ecclesia», 26.11.1962, AAS 54 [1962] 786-795; citata e tradotta da G. CAPRILE, Il Concilio Vaticano II, II, 7).

134 Cfr. G. CORBELLINI, «Note», 469.

135 Cfr. Schema Decreti De Clericis, in AS III/IV, 825, nota.

136 Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 837-843.

137 Perciò i chierici non ripongano il cuore in nessuna ricchezza, evitino sempre ogni cupidità e si astengano «ab omni specie mercaturae», non utilizzando mai i beni ecclesiastici e i redditi derivanti dall’esercizio del sacro ministero per l’arricchimento proprio e dei loro familiari (cfr. Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 838).

138 Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 838-839.

139 Gli Ordinari devono anche curare, per quanto sia possibile, che tutti i sacerdoti, «servatis tum Ecclesiae legibus cum prudentiae normis», si sottopongano annualmente ad una visita medica di controllo e d’opportuna prevenzione (cfr. Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 839).

140 Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 839-840.

141 Numerosi membri della Commissione dubitavano della liceità di onerare di tasse particolari i proventi che i sacerdoti percepissero «arte sua, vel sua industria omnino profana, qua – ob naturae donum – excellat: velut si musicus praeclarus sit, aut poëta, aut pictor, aut mathematicus vel astronomus, vel archaeologus, vel de re physica atomica peritus, etc.». Gli stessi membri della Commissione dubitavano poi sia dell’opportunità dell’imposizione di queste tasse, sia della loro efficacia pratica, essendo difficile «quaelibet inspectio et pervestigatio in huiusmodi rebus». I membri della Commissione concludevano con la proposta di un nuovo paragrafo c) al numero 33. In esso si richiamavano i sacerdoti al grave obbligo di contribuire con le proprie sostanze «Ecclesiae universalis necessitati, ac propriae dioecesis indigentiae», e si ricordavano loro i moniti evangelici contro chi accumulava ricchezza (cfr. Mt 6,19; Lc 12,16-21) (cfr. Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 840-841, nota).

142 Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 840-841.

143 Schema Decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 841.

144 I tre paragrafi che componevano il Nuntius erano: «I Unitas eiusdem Sacerdotii; II Unitas eiusdem divinae missionis; III Unitas eiusdem sanctitatis» (cfr. Nuntius Patrum Concilii Oecumenici Vaticani II ad universos Catholicae Ecclesiae Sacerdotes, in AS II/I, 94-100).

145 Cfr. Nuntius Patrum Concilii Oecumenici Vaticani II ad universos Catholicae Ecclesiae Sacerdotes, in AS II/I, 94-100; cfr. F.G. HELLÍN, Presbyterorum ordinis, XXV.

146 Cfr. Schema decreti De Sacerdotibus, Relatio circa rationem qua schema elaboratum est, in AS III/IV, 852.

147 Cfr. F.G. HELLÍN, Presbyterorum ordinis, XXV.

148 Cfr. Schema propositionum De Sacerdotibus, in AS III/IV, 846.

149 Schema propositionum De Sacerdotibus, in AS III/IV, 851-852.

150 Il termine «traditionem» fu sostituito con «consuetudinem»; l’espressione «ad honestam Episcopis et clero sustentationem» venne sostituita con «ad honestam cleri sustentationem», eliminando in tal modo la separazione a livello economico tra Episcopi et Clerus. Fu tolta infine, tutta la seguente parte: «Itaque nemini […] locupletiores fiant» (Schema propositionum De Sacerdotibus, in AS III/IV, 851-852).

151 Venne tolta la precisazione «Ecclesiae», relativa allo ius. Fu tolta tutta la seguente parte: «Quod ut reapse […] necessitatibus accommodatam» (Schema propositionum De Sacerdotibus, in AS III/IV, 851-852).

152 Cfr. Schema propositionum De Sacerdotibus, in AS III/IV, 851-852.

153 La nuova redazione testuale recitava : «Optandum etiam est ut dioeceses divitiores adiuvent pauperiores» (Schema propositionum De Sacerdotibus, in AS III/IV, 851-852), mentre il testo 33. Fontes massae communis specificava al punto g che i beni della massa comune dovessero essere costituiti anche: «ex subsidiis etiam caritativis quae divitiores dioeceses fraterno animo pauperioribus dioecesibus tribuant» (Schema decreti De Clericis, «Caput III De recto usu bonorum», in AS III/IV, 841).

154 Cfr. Schema decreti De Sacerdotibus, Relatio circa rationem qua schema elaboratum est, in AS III/IV, 849-852.

155 Cfr. Schema decreti De Sacerdotibus, Relatio de recognitione schematis iuxta animadversionem Patrum, in AS III/IV, 852-881.

156 «[…] laudabilis valde est propositio quae declarat systema beneficiorum et inamovibilitatis relinquendum, sed doleo quod nulla enunciatio sit de opportunis propositionibus relatis […] circa suppressionem classium et praesertim circa simplificationem vestium cleri et episcopatus, circa abolitionem titolorum puri honoris, circa limitationem in perpetuitate fundationum» (P. M. RICHAUD, archiepiscupus Burdigalensis, in AS III/IV, 948).

157 Egli, in proposito, commentava: «les propositions contenues dans ce schéma remplacent avantageusement le «Nuntius» que le Concile voulait envoyer aux prêtres du monde entier, à la fin de la seconde session du Concile Vatican II» (P. P. MEOUCHI, patriarcha Antiochenus Maronitarum, in AS III/IV, 954).

158 CONFERENTIA EPISCOPORUM INDONESIAE, in AS III/IV, 969.

159 Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, in AS III/IV, 225-233.

160 Questa fu la parte di testo aggiunta: «Itaque nemini unquam licet officium ecclesiasticum quaestui habere reditusque ab eo provenientes in propriae rei familiaris amplificationem impendere. Quare clerici, nequaquam divitiis cor apponentes (cfr. Ps. 61.11), omnem cupiditatem semper vitent et ab omni specie mercaturae sedulo abstineant» (Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, in AS III/IV, 231). Essa era stata ripresa dallo Schema decreti De Clericis, 28. [Fines ad quos destinantur bona in Ecclesia], in AS II/IV, 838.

161 Riportiamo il testo, evidenziando le modifiche apportate alla precedente stesura: «Relicto systemate sic dicto beneficiali, vi cuius olim quandoque primario erant loco beneficia, quibus officia subordinabantur atque hodie adhuc haud raro officia cum beneficiis nimis arcte coniunguntur, princeps in iure tribuatur locus ipsis officiis ecclesiasticis, quae quidem deinceps ut munera quaelibet stabiliter collata in finem spiritualem exercenda intelligi debent» (Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, in AS III/IV, 231).

162 Riportiamo il testo, evidenziando le modifiche apportate alla precedente stesura: «[…] curent sacrorum Antistites, sive singuli pro sua cuiusque dioecesi, sive melius plures simul pro communi territorio, ut normae instituantur quibus apte consulatur honestae sustentationi […]» (Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, in AS III/IV, 231). Era stata la difficoltà riscontrabile per i Vescovi a emanare delle norme appropriate per ciascuna diocesi a consigliare la sostituzione della precedente dizione «ut pro suo cuiusque territorio» con una previsione a «più vasto raggio» (cfr. Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, 9. [Aequa remuneratio clericis providenda], in AS III/IV, 225-233).

163 Riportiamo il testo, evidenziando le modifiche apportate alla precedente stesura: «[…] Valde etiam commendatur ut dioeceses divitiores adiuvent pauperiores» (Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, in AS III/IV, 232). Il precedente testo recitava invece «Optandum etiam est ut dioeceses divitiores adiuvent pauperiores» (Schema propositionum De Sacerdotis, 10. [Massa communis bonorum in singulis dioecesibus costituenda], in AS II/IV, 838).

164 Vale senz’altro la pena di ricordare come, nei medesimi giorni in cui veniva discusso tale schema, facessero il loro ingresso in Concilio 39 parroci da ogni parte del mondo in rappresentanza del loro ceto, accolti dal saluto del segretario Felici: «in hac congregatione adsunt iam parochi quos peramanter et fraterne salutamus omnes». Si trattava dunque di una coincidenza certamente non casuale, quasi a sottolineare come fosse necessaria, in vero spirito di unità, la presenza di coloro del cui «ministerio et vita» si discuteva (P. FELICI, arch. tit. Samosatensis, SS. Concilii Secretarius Generalis, in AS III/IV, 209).

165 «In primis vero aliquid dicendum est de mutatione prioris tituli «De Sacerdotibus», qui titulus potius respondebat iis quae in primigena Schematis redactione continebantur. Nunc vero, cum necessarium fuerit totam materiam perstringere, Patres Commissionis censuerunt opportunum non esse talem titulum retinere, quippe qui nimis amplus sit. Praeterea de sacerdotibus agitur, praeter quam in nostro Schemate, etiam in Constitutione «De Ecclesia» aliisque in Schematibus» (F. MARTY, arch. Remensis, Relatio, in AS III/IV, 241).

166 Cfr. F. MARTY, arch. Remensis, Relatio, in AS III/IV, 241-242.

167 La Relatio consisteva in 12 proposizioni (cfr. Relatio de singulis propositionibus, in AS III/IV, 234-240).

168 «Commissio nempe maluit solutiones directe vel indirecte proponere, potius quam difficultates aut pericula denuntiare» (F. MARTY, arch. Remensis, Relatio, in AS III/IV, 241).

169 Cfr. F. MARTY, arch. Remensis, Relatio, in AS III/IV, 242.

170 «Omnino etiam expedit ut reformetur systema beneficiale, ne Ecclesia Sancta Dei accusari possit «feudalismi», neque inter clericos diversae «classes sociales» existere videantur» (F. MARTY, arch. Remensis, Relatio, in AS III/IV, 242-243).

171 «Attamen omnes clerici obtinere debent congruam remunerationem, qua de eorum sustentatione et providentia apte caveatur, quem in finem haud parum conferre poterit institutio massae communis bonorum dioecesanae» (F. MARTY, arch. Remensis, Relatio, in AS III/IV, 243).

172 A. G. CARD. MEYER, arch. Chicagiensis, in AS III/IV, 244.

173 D. A. AÑOVEROS ATAÚN, ep. Gadicensis et Septensis, in AS III/IV, 253.

174 I. HILTL, episcopus tit. Costantiensis, aux. Ratisbonensis, in AS III/IV, 258.

175 I. KOMBA, episcopus tit. Thignicensis, aux. abb. null. Peramiholensis, in AS III/IV, 260.

176 F. KUHARI_, episcopus tit. Metensis, aux. Zagrabiensis, in AS III/IV, 270-271. Tra gli altri interventi si segnalano quelli del card. Meyer sulla «massa comune»: «ubi loquitur «de quadam massa communi», uti sonat in textu omnino non placet, quia tamquam norma generalis non vere correspondet diversarum regionum adiunctis» (A. G. MEYER, archiep. Chicaghensis, in AS III/IV, 245); dell’arcivescovo Fares sul medesimo argomento: «Hoc quod dictum est valet etiam pro n. 12 «de massa communi constituenda»: ne ex existentia massae communis quis suspicetur tempus otii a Concilio promissum esse!» (A. FARES, archiep. Catacensis et ep. Squillacensis, in AS III/IV, 255). A proposito dei problemi connessi al beneficio, nella Congregatio Generalis CI, in AS III/IV 403-450, intervennero i Padri Bánk: «systema beneficiorum, quod iam antiquatum est et ab aliis saepe saepius dictum est praevideatur, non tantum ideo quia illud beneficiarium quasi immobilem reddit qui ad normam quoque iuris, etsi sit inhabilis, vix loco moveri possit, cum maximo animarum damno» (I. BÁNK, episcopus tit. elect. Materianensis, aux. Iaurinensis, in AS III/IV, 409); Nowicki «[…] loco «relicto» ponatur verbum «suppresso» […]; institutum beneficii supprimendum esse, cum circumstantiis nostrorum temporum omnino haud adaequatum sit ac in maxima parte mundi realiter iam non vigeat» (E. NOWICKI, ep. Gedanensis, in AS III/IV, 436-437); _ekada «officio enim princeps locus tribuetur, non autem beneficio» (A. _EKADA, ep. Scopiensis, in AS III/IV, 440); Martin «Remedium optimum videtur exclusio beneficiorum et instauratio vel melius perfectio statuti officii in Ecclesia» (I. FLORES MARTIN, ep. Barbastrensis, in AS III/IV, 474). Durante la Congregatio Generalis CII sulla «massa comune» spiccano i rilievi dei Padri Camara (I. CARD DE BARROS CÂMARA, archiep. S. Sebastiani Flumini Januarii, in AS III/IV, 403-404) e Ahumada (E. CORRIPIO AHUMADA, ep. Tampicensis, in AS III/IV, 445-447).

177 Si trattava del vescovo ausiliare di Detroit, mons. Donovan, che durante la Congregatio Generalis C suggeriva: «relinquantur Commissioni post-conciliari pro redactione Codicis Iuris Canonici omnia quae iuridice sapiunt, praesertim quod dicitur de studiis in n. 6 ac de beneficiis in n. 10» (I. DONOVAN, episcopus tit. Rhasensis, aux. Detroitensis, in AS III/IV, 265). Dello stesso parere anche il card. Ruffini (cfr. E. CARD. RUFFINI, archiep. Panormitanus, in AS III/IV, 405-407), e l’arciv. Baldassarri, durante la Congregatio Generalis CI, che auspicava una devoluzione del compito alle singole conferenze episcopali (cfr. S. BALDASSARRI, archiep. Ravennatis, in AS III/IV, 412).

178 Cfr. l’intervento del vescovo Bánk durante la Congregatio Generalis CI: «Si iura stolae alicubi qualibet ex causa aboleri nequeant, ita eiusdem disciplina mutetur ut indoles eiusdem realis quasi transformetur» (I. BÁNK, episcopus tit. elect. Materianensis, aux. Iaurinensis, in AS III/IV, 410).

179 Cfr. specialmente gli interventi del card. Câmara (cfr. I. CARD DE BARROS CÂMARA, archiep. S. Sebastiani Flumini Januarii, in AS III/IV, 404), e del vescovo Martin (cfr. I. FLORES MARTIN, ep. Barbastrensis, in AS III/IV, 477).

180 Cfr. F.G. HELLÍN, Presbyterorum Ordinis, XXV.

181 Cfr. F.G. HELLÍN, Presbyterorum Ordinis, XXVI.

182 F. MARTY, archiep. Remensis, in AS IV/IV, 832.

183 In AS IV/IV, 857-860, vengono riportati in due colonne lo Schema propositionum de vita et ministerio sacerdotali, textus prior, nn. 11, 10, 9 e 12, e lo Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, textus emendatus, nn. 17-19. Per facilitare il confronto fra le due stesure, il textus emendatus riporta le aggiunte e modifiche in corsivo. Al testo seguono poi, per ogni numero, la sintesi delle postulationes dei vari Padri al textus prior (cfr. AS IV/IV, 870-871).

184 Il testo iniziava così: «Servitio Dei dediti in implendo officio sibi commisso, digni sunt Presbyteri ut aequam recipiant mercedem» e continuava «Officio vero quod sacri ministri adimplent» (Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 857-858).

185 Il titolo «n. 10 [Officiis ecclesiasticis princeps locus in iure tribuendus]» era divenuto nel testo «Officio vero quod sacri ministri adimplent praecipuum momentum tribuere oportet» (Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 858).

186 «Quare suppresso systemate sic dicto beneficiali […]» (Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 858).

187 «videlicet ad cultum divinum ordinandum, ad honestam cleri sustentationem procurandam, necnon ad opera sacri apostolatus vel caritatis, praesertim erga egenos exercenda» (Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 858).

188 Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 858.

189 Schema decreti De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 859-860.

190 Cfr. Animadversiones scripto exhibitae quoad schema de ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 872-961. Tra gli interventi più incisivi ricordiamo quelli del card. Cooray sulla questione del «diritto particolare» (cfr. T. COORAY, archiep. Columbensis in Ceylon, in AS IV/IV, 872), del patriarca Meouchi sulla «massa comune» e sul sostegno delle vocazioni povere (cfr. P. P. MEOUCHI, patriarcha Antiochenus Maronitarum, in AS IV/IV, 895), dei Padri Darmajuwana sulla corretta gestione della «massa comune» stessa (cfr. I. DARMAJUWANA, archiep. Semarangensis, in AS IV/IV, 917) e Shoemaker sulla formazione della «massa comune» diceva che «Ordinarius s.s. institutis ecclesiasticis «tributum maximale ex omnibus proventibus imponere posset» pro bono massa communi dioeceseos ad tertiam partem aut 33% […] salvis semper necessitatibus realis Instituti» (V. SCHOEMAKER, ep. Purvokertensis, in AS IV/IV, 958).

191 Cfr. AS IV/IV, 332-389. La parte che ci interessa è relativa alla presentazione della Relatio Generalis di F. MARTY, archiep. Remensis, nello Schema decreti de ministerio et vita presbyterorum, Textus recognitus et relationes (in AS IV/IV, 335), i nn. 16-18 del Textus recognitus, olim nn. 17-19 (in AS IV/IV, 366-369) e Relationes de singulis numeris, in AS IV/IV, 388-389.

192 Cfr. F. MARTY, archiep. Remensis, Relatio super schema decreti de ministerio et vita presbyterorum, in AS, IV/IV, 389-392.

193 «Demum, in recognoscendo hoc schemate expungere quoque vel emendare curavimus tum sententias quasdam prioris textus minus necessarias vel subobscuras, tum etiam subsanare defectum praecisionis relate ad sensum aliquorum citationum e Sacra Scriptura» (F. MARTY, archiep. Remensis, in AS IV/IV, 335). Per una puntuale ripresa delle osservazioni dei Padri si vedano le Relationes de singulis numeris, in AS IV/IV, 388-389.

194 Cfr. Patrum Orationes (De ministerio et vita Presbyterorum) Congregazioni generali 149ª-150ª, in AS IV/IV, 685-824, e Congregazioni generali 151ª-154ª, in AS IV/V, 12-553. Tra gli interventi più incisivi si segnalano per la 149a Congregazione quelli del card. Richaud, sulla soppressione del beneficio in modo chiaro e univoco: «[…] dolendum est ut modo tam aequivoco statuitur de beneficiis et officiis. Potius esset dicere beneficia detrahenda et, si non est possibile, aperte declarare quod episcopi possunt, ob iustas causas, parochos mutare cum recursu manente ad archiepiscopum, vel alium archiepiscopum pro metropolitanis. Dum remanebit plus minusve actualis conditio, non vera et facilis renovatio cleri» (P. M. CARD. RICHAUD, archiep. Burdigalensis, in AS IV/IV, 733). Il card. Colombo segnalava l’eccessiva dispersività di alcune parti del testo: «Quaedam videntur nimis particularia et minime necessaria, immo praetextum praestare posse reclamationibus» (I. CARD. COLUMBUS, archiep. Mediolanensis, in AS IV/IV, 736). Il vescovo Goicoechea auspicava una disciplina del caso del presbitero-lavoratore: «Labor manualis, non aliter ac scientificus et culturalis, non tantum sacerdoti Christi apostolo licitus est, sed et per se eum valde decet […]» (H. A. GOICOECHEA, ep. Mindoniensis-Ferrolensis, in AS IV/IV, 740). Per la 150a Congregazione: il card. Döpfner, molto critico nei confronti dello schema: «attamen schema adhuc ex non paucis et gravioribus defectibus nobis laborare videtur» (I. CARD. DÖPFNER, archiep. Monacensis et Frisingensis, in AS IV/IV, 765). Il vescovo Frani_ chiedeva l’esempio dei vescovi come primo passo della predicazione della povertà: «sed si nos episcopi hac in re exemplum non demus, invana erit haec nostra praedicatio pro mundo et nostris sacerdotibus» (F. FRANI_, ep. Spalatensis et Macarscensis, in AS IV/IV, 802-803). L’arcivescovo Nabaa insisteva sulla povertà evangelica, sulla «quantificazione» del concetto di «equo sostentamento», sull’obbligo dei fedeli di provvedere a tale sostentamento (cfr. P. NABAA, archiep. Berytensis et Gibailensis Melchitarum, in AS IV/IV, 805-806). Per la 151a Congregazione: il card. Rossi richiamava l’obbligo del sacerdote verso le persone con le quali viveva, come la sua famiglia: «Obliviscendum non est sacerdotem officia quoque habere erga illos quibuscum in societate vivit necnon et erga suam familiam […]» (A. CARD. ROSSI, archiep. Sancti Pauli in Brasilia, in AS IV/V, 33). Il vescovo Bánk ricordava la questione della previdenza del clero e chiedeva coerenza nell’applicazione della giustizia sociale predicata dalla Chiesa: «[…] summam laudem merentur ea, quae de aequa presbyterorum remuneratione deque eorumdem praevidentia sociali sapienter statuuntur. Nemo non videt, quam maximi sit momenti, ut iustitia socialis ante omnia in nostro campo ecclesiastico perficiatur, ne cum eamdem aliis sollerter praedicaverimus, ipsi reprobi inveniamur!» (I. BÁNK, ep. tit. Materianensis, aux. Iaurinensis, in AS IV/V, 50). Il vescovo _ak citava il sobrio stile di vita dei sacerdoti come esempio vivente della predicazione verso il mondo: «Tamen homines, inter quos presbyteri habitant, attente animadvertunt immo exspectant discretionem spiritualem sacerdotum circa rectam habitudinem ad mundum creatum bonaque […]» (F. _AK, ep. S. Hippolyti, in AS IV/V, 56). Le Congregazioni 152ª e 153ª furono invece caratterizzate da animadversiones più centrate sull’aspetto teologico del presbiterato (cfr. AS IV/V, 159-205), aspetto che non è oggetto del presente lavoro. È comunque da ricordare che nella 154ª Congregazione generale vi fu l’intervento di un parroco, T. Falls: «nomine parochorum et omnium sacerdotum dioecesanorum», la cui relazione fu accolta molto favorevolmente dai Padri (T. FALLS, parochus Sacri Cordis, in archidioecesi Philadelphiensi Latinorum, in AS IV/V, 548-550).

195 Si tratta delle Animadversiones scripto exhibitae quoad schema decreti de ministerio et vita presbyterorum presentate da oltre 150 Padri conciliari, tra cui spicca quella del futuro Pontefice Karol Wojtyla (AS IV/V, 209-553).

196 Cfr.: «Huiusmodi textus lecti non fuerunt vel quia Patres, scripto exhibito, loqui non petierunt, vel iuri loquendi renuntiaverunt, vel disceptatio interrupta fuit» (AS IV/V, 209).

197 Cfr. Schema decreti de ministerio et vita presbyterorum. Textus emendatus et Relationes, in AS IV/VI, 341-408. Riveste particolare importanza per il nostro lavoro il n. 17 (Olim n. 17 e pars n. 14), modificato dai Padri. Si passava dal titolo De recto usu bonorum, chiaramente allusivo ad una continuità con gli schemi precedenti, del textus prior, ad un nuovo titolo, più specifico: «Habitudo ad mundum bonaque terrestria et voluntaria paupertas», nel textus emendatus. Esso, pur mantenendo sempre valida la visione dei beni temporali come «mezzo» e mai come «fine», invitava anche i sacerdoti alla «amicabili et fraterna conversatione inter se et cum ceteris hominibus» per aver cura anche dei valori umani e dei beni temporali come doni di Dio. Poiché la missione della Chiesa si svolge nel mondo, il presbitero non doveva quindi disprezzare questi beni, ma saperli ordinare ad un fine superiore (cfr. AS IV/VI, 378-380; De numero 17, in Relationes de singulis numeris, in AS IV/VI, 400-401; De numero 20-21-22, in Relationes de singulis numeris, in AS IV/VI, 403-405).

198 Cfr. F. MARTY, archiep. Remensis, Relatio, e risultati delle votazioni della Congregazione generale 159ª, in AS IV/VI, 406-408; P. FELICI, arch. tit. Samosatensis, SS. Concilii secretarius generali, prolusione e Congregazione generale 160ª, con prosieguo delle votazioni sullo schema De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/VI, 409-416; Congregazione generale 161ª, con l’esito delle ultime votazioni sullo schema, in AS IV/VI, 419-420.

199 Rispettivamente delle Suffragationes 524, 525, 526 e 527 («quae est super integro schemate») (cfr. AS IV/VII, 614-615).

200 Cfr. Schema constitutionis pastoralis de ecclesia in mundo huius temporis, in AS IV/VII, 234-235. Stampato e distribuito come fascicolo a parte con l’intestazione Sacrosanctum Oecumenicum Concilium Vaticanum Secundum, Decretum de presbyterorum ministerio et vita de quo agetur in Sessione publica diei 7 decembris 1965, Typis Polyglottis Vaticanis, 1965.

201 Cfr. AS IV/VII, 860. Il decreto approvato portava la seguente intestazione: Decretum de presbyterorum ministerio et vita (cfr. AS IV/VII, 704-732). Ci riguardano i nn. 17 (cfr. AS IV/VII, 725-726) e, soprattutto, 20-21 (cfr. AS IV/VII, 728-729). Per ulteriori informazioni rimandiamo a G. CORBELLINI, «Note», 472, nota 29.

202 A causa del numero degli schemi proposti (sette più la redazione definitiva), e – talvolta – della loro omonimia, vale la pena di ripercorrere molto sinteticamente l’iter di formazione di PO tramite un elenco cronologico di tutti gli schemi discussi dai Padri, con la rispettiva collocazione nelle fonti: 1. De Clericis, in AS III/IV, nn. 27-39, 837-842; 2. De Sacerdotibus in AS III/IV, nn. 23-35, 870-877; 3. De Sacerdotibus, in AS III/IV, 846-849; 4. De ministerio et vita sacerdotali, in AS III/ IV, 225-233; 5. De vita et ministerio presbyterorum, in AS IV/IV, 833-861; 6. De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/IV, 833-861; 7. De ministerio et vita presbyterorum, in AS IV/VI, 345-388; 8. redazione definitiva: De presbyterorum ministerio et vita, in AS IV/VII, 109-189.

203 «Censuit Commissio nomen «Decretum» esse servandum, nec «Costitutionem» appellari posse hoc documentum, quippe praesertim respiciat pastorale exercitium ministerii Presbyterorum atque rationem vitae sacerdotalis» (F. MARTY, archiep. Remensis, Relatio Generalis, allo Schema decreti de presbyterorum ministerio et vita Textus recognitus et modi, in AS IV/VII, 107).

204 Cfr. PO, in AS IV/VII, 109-189. I titoli ricalcano quelli dello schema precedente De ministerio et vita presbyterorum: [17. Habitudo ad mundum bonaque terrestria, et voluntaria paupertas], in AS IV/VII, 183-184; [20. Aequa remuneratio Presbyteris providenda], in AS IV/VII, 186-187; [21. Massae bonorum communes constituendae atque praevidentia socialis in favorem Presbyterorum ordinanda], in AS IV/VII, 187.

205 R. SPIAZZI, a questo proposito commenta: «Di qui una conseguenza pratica circa il tenore di vita, il fasto, il comportamento, i rapporti con gli altri: tutti punti sui quali una seria e serena riforma è più che utile senza peraltro cedere alla tentazione della demagogia o della retorica sulla povertà» (R. SPIAZZI, Decreto sul ministero, 457).

206 Il n. 17 rimase intatto e non vennero accettate le emendationes proposte da alcuni Padri, che avrebbero voluto introdurre la promessa di povertà al momento dell’ordinazione ed una clausola relativa al testamento dei sacerdoti (cfr. nn. 48 e 51, in AS IV/VII, 218-219).

207 PO, 17, in EV I, n. 1299.

208 I beni ecclesiastici, che ricadono sotto la definizione del canone citato che recita «Bona temporalia, sive corporalia tum immobilia tum mobilia, sive incorporalia, quae vel ad Ecclesiam universam et ad Apostolicam Sedem vel ad aliam in Ecclesia personam moralem pertineant, sunt bona ecclesiastica» (can. 1497 § 1 CIC 1917) sono destinati «ad cultum divinum ordinandum, ad honestam cleri sustentationem procurandam, necnon ad opera sacri apostolatus vel caritatis, praesertim erga egenos, exercenda» (PO, 17, in EV I, n. 1301). Essi dovranno essere usati dai chierici solo ai fini del proprio sostentamento o solo a fini ecclesiali. Per quanto riguarda invece i beni acquisiti in occasione del sacro ministero, per quanto essi non siano, strettamente parlando, ecclesiastici, non possono essere usati per arricchire se stessi o i familiari, ma devono comunque tornare a fini ecclesiastici. Anzi, i sacerdoti sono invitati a rendersi disponibili al ministero nella povertà evangelica volontaria (cfr. PO, 17, in EV I, n. 1302).

209 «Il n. 17 di Presbyterorum Ordinis è una sintesi mirabile dell’invito ai presbiteri ad abbracciare volontariamente la povertà e ad impostare in modo corretto e secondo uno stile veramente evangelico il loro rapporto con i beni materiali […]» (L. MISTÒ, «Le garanzie dell’attuale sistema», 26).

210 «Bona ecclesiastica proprie dicta, […] ad normam legum ecclesiasticarum, sacerdotes, adiuvantibus quatenus possit peritis laicis moderentur» (PO, 17, in EV I, n. 1301).

211 «Episcopi autem de hac eorum obligatione fideles monere tenentur et curare debent, sive aptius plures simul pro communi territorio, ut normae instituantur, quibus debite consulatur honestae sustentationi eorum qui in populi Dei servitium aliquo munere funguntur vel functi sunt» (PO, 20, in EV I, n. 1311).

212 «Remuneratio autem ab unoquoque percipienda, ratione quidem habita tum ipsius muneris naturae tum locorum temporumque condicionum, fundamentaliter eadem sit pro omnibus in iisdem adiunctis versantibus, eorum condicioni sit congrua et eis praeterea tribuat facultatem non solum debite providendi remunerationi eorum qui servitio Presbyterorum se dedicant, sed etiam indigentibus […]» (PO, 20, in EV I, n. 1311).

213 Cfr. PO, 20, in EV I, n. 1312.

214 A questo proposito ricordiamo le modifiche delle ultime quattro redazioni testuali: «suppresso systemate sic dicto beneficiali» (20.11.1964 Schema Decreti de Ministerio et Vita presbyterorum, n. 17), «reformato systemate sic dicto beneficiali» (12.6.1965 Schema Decreti de Ministerio et Vita presbyterorum, n. 16), «systema sic dictum beneficiale relinquatur aut saltem reformetur» (9.11.1965 Schema Decreti de Ministerio et Vita presbyterorum, n. 20), «systema sic dictum beneficiale relinquatur aut saltem reformetur» (30.11.1965 Decretum de Presbyterorum Ministerio et vita, n. 20, in EV I, n. 1312).

215 Si parla di diritto pubblico esterno poiché in numerosi paesi la materia beneficiale era oggetto di Concordati con gli Stati (cfr. V. DE PAOLIS, «Il sostentamento», 583, nota 39).

216 In Francia quest’istituzione si chiama il «Denier du culte» (cfr. R. WASSELYNCK, Les Prêtres, 181).

217 Il n. 21 per il quale vennero respinte tutte le postulationes e venne rifiutata l’istanza di alcuni Padri di cancellare il riferimento alla Chiesa di Gerusalemme (cfr. n. 34, in AS IV/VII, 229) così come quella di un’obbligatorietà della «massa comune» alla stregua dell’istituto del sostentamento del clero (cfr. n. 35, in AS IV/VII, 229). Per il n. 20, invece, vennero presentate tre interrogazioni, ossia la sostituzione del termine «merces» con il più adatto «remuneratio»: «[…] dicatur «remunerationem» quia vox «merces» male sonat cum de retributione sacerdotum agatur» (cfr. n. 22, in AS IV/VII, 226); la specificazione dei «munera» dei ministri e la corrispondenza della retribuzione in base ai «munera»: «Dicatur «[…] ratione habita tum muneris ipsius naturae, tum locorum […]». Ratio est quia varia munera varias responsabilitates secumferunt» (cfr. n. 29, in AS IV/VII, 227); e la specificazione che la retribuzione dei presbiteri deve permettere un equo sostentamento sia a loro, sia a quelli che sono al loro servizio, assieme alla concessione di un congruo periodo di ferie annuali: «Remuneratio autem ab unoquoque percipienda, ratione quidem habita tum ipsius muneris naturae tum locorum temporumque condicionum, fundamentaliter eadem sit pro omnibus in iisdem adiunctis versantibus, eorum condicioni sit congrua et eis praeterea tribuat facultatem non solum debite providendi remunerationi eorum qui servitio Presbyterorum se dedicant, sed etiam indigentibus per seipsos aliqua ratione subveniendi, quod ministerium erga pauperes, iam a primis suis exordiis, magno semper in onore Ecclesia habuit. Haec remuneratio insuper talis sit, quae Presbyteris permittat quotannis debitum et sufficiens habere feriarum tempus quod quidem, ut Presbyteri habere valeant, Episcopi curare debent» (cfr. n. 32, in AS IV/VII, 228). Vennero respinte, invece, le osservazioni che chiedevano di evitare nei Capitoli cattedrali le discriminazioni tra beneficiati e non (cfr. n. 21, in AS IV/VII, 226); assieme alle proposte circa una maggior chiarificazione sull’obbligo fatto ai fedeli di mantenere i presbiteri (cfr. n. 24, AS IV/VII, 226-227).

218 «In votis quoque est ut praeterea, quantum fieri possit, in singulis dioecesibus vel regionibus constituatur massa bonorum communis qua valeant Episcopi aliis obligationibus erga personas Ecclesiae deservientes satisfacere variisque dioecesis necessitatibus occurrere, quaque etiam valeant dioeceses divitiores adiuvare pauperiores, ut illarum abundantia harum inopiam suppleat […]» (PO, 21, in EV I, n. 1313).

219 Cfr. PO, 21, in EV I, nn. 1313-1314.

220 «Nos sapienter prudenterque facturos esse putamus, si hasce normas ad experimentum ediderimus» (ES, in AAS 58 (1966), 757).

221 «Curent Synodi Patriarchales et Episcoporum Conferentiae ut, sive pro singulis dioecesibus sive pro pluribus earum in communi sive pro toto territorio, normae statuantur, quibus apte consulatur debitae sustentationi omnium clericorum qui in Populi Dei servitium munere funguntur vel functi sunt» (ES, n. 8, in EV II, 768).

222 «Remuneratio clericis tribuenda praecipue eadem requiritur pro omnibus in iisdem adiunctis versantibus, ratione quidem habita tum ipsius muneris naturae, tum temporum locorumque condicionum, atque sufficiens esse debet ut clerici vitam ducere valeant honestam, utque etiam valeant pauperibus adiutorio esse» (ES, n. 8, in EV II, 768).

223 «Commissioni Codici Iuris Canonici recognoscendo committitur reformatio systematis beneficialis. Interim curent Episcopi, suis auditis Consiliis presbyterorum, ut provideatur aequae distributioni bonorum, etiam redituum ex beneficiis provenientium» (ES, n. 8, in EV II, 768).

224 Ma se è vero che «tale tendenza si rileva ancora nei primi schemi dei canoni sui beni temporali» è anche vero che viene successivamente eliminata nel testo definitivo, in quanto «il ruolo di vigilanza si è rivelato lesivo della autonomia dei singoli vescovi nelle proprie diocesi» (cfr. V. DE PAOLIS «Il sostentamento», 585).

225 Circa la nozione di officium, CONGAR, Y. – FRISQUE, J. precisano: «L’»officium» è una categoria (giuridica) più ristretta che quella di ministero. Il numero 20 esamina il problema delle risorse materiali dei preti in relazione all’»officium» e non ha la pretesa di rispondere a tutte le domande che i preti si pongono oggi sui legami da tenere tra il loro ministero ed i loro mezzi di sostentamento materiale» (CONGAR, Y. – FRISQUE, J., I Preti. Formazione ministero e vita, 93, nota 259).

 

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