Il m. p. Ecclesiae Sanctae e le sue disposizioni
Il Sommo Pontefice Paolo VI, con il m.p. Ecclesiae Sanctae, emanato il 6 agosto 1968, volle dare rapida esecuzione «ad quaedam SS. Concilii Vaticani II Decreta» e, in particolare, volle fissare alcune norme che, a titolo sperimentale220, dovessero risultare vincolanti fino a quando la Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici recognoscendo non fosse pervenuta a fornire un corpus omogeneo e coordinato di tutte le leggi della Chiesa universale.
Per quanto attiene alla nostra materia, la normativa si trova fissata nel capitolo I, numero 8 di tale motu proprio, che reca l’intestazione: Aequa remuneratio Presbyteris providenda et praevidentia socialis in favorem Presbyterorum ordinanda, e si riferisce ai numeri 20 e 21 del decreto Presbyterorum Ordinis.
I punti salienti riguardano:
L’attività normativa che i Sinodi patriarcali e le Conferenze Episcopali devono svolgere affinché venga garantito un congruo sostentamento a tutti i chierici che esercitano o hanno esercitato una funzione a servizio del Popolo di Dio, a livello diocesano o territoriale221.
L’argomento specifico della retribuzione che deve essere uguale per tutti a parità di condizioni. Tale retribuzione deve consentire ai presbiteri di condurre una vita decorosa ed il soccorso ai poveri222.
Le Conferenze Episcopali debbono provvedere affinché, specialmente nelle regioni in cui il sostentamento dei presbiteri dipende ancora in gran parte dalle offerte dei fedeli, si abbia in ogni diocesi uno «speciale institutum» che raccolga i beni dati per questo scopo, il cui amministratore sia lo stesso Ordinario, coadiuvato da sacerdoti delegati ed eventualmente da laici esperti in economia.
Le Conferenze Episcopali siano invitate a creare «instituta pro variis dioecesibus simul constituta» o «consociatio pro toto territorio condita» nelle singole nazioni.
Mediante questi enti, posti sotto la vigilanza della Gerarchia, si dovrà provvedere all’assistenza sanitaria e sociale dei presbiteri infermi, invalidi o anziani.
Si tratta di una vera e propria novità rispetto a quanto fissato nel Presbyterorum Ordinis, il quale affidava ai singoli Vescovi maggiore responsabilità in materia e limitava l’intervento delle Conferenze Episcopali alla costituzione di istituti con fini previdenziali.
Anche ES si pronunciava, sia pur indirettamente, a favore di una riforma del sistema beneficiale ma, contemporaneamente, demandava il compito di realizzare tale riforma alla Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici recognoscendo.
I singoli Vescovi, dopo aver consultato il Consiglio Presbiterale, provvedano ad un’equa distribuzione dei beni, compresi quelli a carattere beneficiale223.
Riformato il Codex Iuris Canonici, secondo ES, sarebbe stato possibile stabilire i criteri per la costituzione nelle singole diocesi o regioni di una «alia massa communis», con la quale i Vescovi possano soddisfare gli altri obblighi verso le persone che prestano servizio alla Chiesa, o venire incontro alle varie necessità della diocesi, nonché a permettere che le diocesi più ricche possono aiutare quelle più povere.
Il motu proprio ribadisce quanto già affermato chiaramente dai testi conciliari.
Ciò che pare importante sottolineare è la posizione delle Conferenze Episcopali e dei Sinodi Patriarcali, a cui in Ecclesiae Sanctae, si assegna il ruolo che il Concilio aveva attribuito ai singoli Vescovi, in una prospettiva di vigilanza rispetto ai Vescovi stessi224.